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Il Parlamento Europeo ha dato il via libera, oggi, al testo di riforma della Direttiva sugli Ogm, che sancisce il diritto degli Stati Membri di limitare o proibire la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale

Il Parlamento Europeo ha dato il via libera, oggi, al testo di accordo raggiunto nelle scorse settimane tra Consiglio, Commissione e Parlamento europeo sulla riforma della Direttiva in materia di Ogm, che sancisce il diritto degli Stati Membri di limitare o proibire la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale, anche se questi sono autorizzati a livello europeo, per motivi di natura economica ed agricola.
“È un successo della Presidenza italiana - ha spiegato il Ministro delle Politiche Agricole, Maurizio Martina - e del Ministro Galletti, con cui abbiamo lavorato a stretto contatto, che ha presieduto in questi mesi il Consiglio dei Ministri dell’Ambiente competente sulla materia Ogm. Un risultato che non era scontato e sul quale si lavorava da più di 4 anni. Molto importante è stato anche il dialogo e il lavoro fatto dal Parlamento europeo e in particolare dalla delegazione italiana. È una scelta che risponde alle attese degli agricoltori, dei territori e di tutti gli italiani che hanno a cuore la qualità, la tipicità dei nostri prodotti alimentari e la distintività del nostro modello agricolo. Bene quindi che ora sia data libertà di scelta ai singoli Paesi dell’Ue. In Italia rinnoveremo il divieto di coltivazione del mais Mon810 e proprio nei prossimi giorni ci confronteremo con i Ministri Lorenzin e Galletti per procedere”.
L’accordo raggiunto con il Parlamento Europeo ha migliorato il testo approvato in prima lettura dal Consiglio europeo nel giugno scorso sotto tre aspetti rilevanti: le valutazioni sui rischi ambientali e sanitari, di competenza dell’Agenzia europea per la sicurezza alimentare, dovranno essere aggiornate ogni due anni per tener conto del progresso scientifico e del principio di precauzione che è un pilastro del diritto ambientale internazionale; gli Stati Membri possono chiedere, tramite la Commissione europea, alle imprese produttrici di Ogm, di escludere i loro territori dal novero dei Paesi nei quali intendono chiedere l’autorizzazione europea alla coltivazione, ma questa fase di “negoziato” con le imprese non è più obbligatoria, e gli Stati Membri potranno decidere di passare direttamente al divieto di coltivazione per le motivazioni indicate nella Direttiva; gli Stati Membri, prima di introdurre il divieto di coltivazione, dovranno comunicare il relativo provvedimento alla Commissione europea ed attendere 75 giorni per il parere, ma durante questo periodo di attesa gli agricoltori non potranno comunque procedere alla semina dei prodotti interessati dall’ipotesi di divieto.

Focus - Il commento di Coldiretti
“La libertà di non coltivare Ogm, come ha fatto fino ad ora l’Italia e come chiedono quasi 8 cittadini su 10 (76%) che si oppongono al biotech nei campi, è una ottima chiusura del semestre di presidenza italiano dell’Unione”. Parola di Roberto Moncalvo, presidente Coldiretti, che commenta così, positivamente, il via libera finale dell’Europarlamento alla direttiva che consentirà ai Paesi membri dell’Ue di limitare o proibire la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul territorio nazionale, anche se questi sono autorizzati a livello europeo.
“Siamo di fronte - sottolinea Moncalvo - ad un importante e atteso riconoscimento della sovranità degli Stati di fronte al pressing e alle ripetute provocazioni delle multinazionali del biotech. L’Europa da un lato, le Alpi e il mare dall’altro, renderanno l’Italia finalmente sicura da ogni contaminazione da Ogm a tutela della straordinaria biodiversità e del patrimonio di distintività del Made in Italy. Per l’Italia gli organismi geneticamente modificati (Ogm) in agricoltura - continua Moncalvo - non pongono solo seri problemi di sicurezza ambientale, ma soprattutto perseguono un modello di sviluppo che è il grande alleato dell’omologazione e il grande nemico del made in Italy”.
Secondo un’analisi della Coldiretti nell’Unione Europea nonostante l’azione delle lobbies che producono Ogm, nel 2013 sono rimasti solo cinque, su ventotto, i paesi a coltivare Ogm (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania), con appena 148.000 ettari di mais transgenico Mon810 piantati nel 2013, la quasi totalità in Spagna (136.962 ettari). Si tratta quindi, di fatto, di un unico Paese (la Spagna) dove si coltiva un unico prodotto (il mais Mon810).

Focus - Il commento degli agricoltori della Confederazione Italiana Agricoltori (Cia)
Con il via libera definitivo del Parlamento europeo all’accordo sulla riforma della Direttiva in materia di Ogm, ogni Stato membro avrà finalmente la libertà di consentire o vietare la coltivazione di organismi geneticamente modificati sul proprio territorio. Si tratta di una buona notizia, che arriva alla fine del semestre italiano di Presidenza europea e che permette di avvicinarci a una soluzione definitiva della questione, anche nel nostro Paese, dove da tempo è stata richiesta l’attivazione della clausola di salvaguardia. Così la Cia - Confederazione italiana agricoltori, che ha accolto con favore l’accordo sugli Ogm.
La norma va nella direzione auspicata, che è quella di lasciare l’ultima parola al singolo Paese Ue. E ad oggi, ricorda la Cia, la maggior parte dei consumatori e dei produttori europei si muove in direzione opposta agli Ogm. Non solo tre cittadini su cinque in Ue sono contrari ai cibi “biotech”, ma la stessa superficie agricola comunitaria dedicata alle colture geneticamente modificate è irrisoria, rappresentando lo 0,001% del totale. In Europa sono solo 5 Paesi (Spagna, Portogallo, Repubblica Ceca, Slovacchia e Romania) a coltivare Ogm, con 148.013 ettari nel 2013, una percentuale più che esigua rispetto al totale della superficie agricola utilizzata nell’Ue che ammonta a 170 milioni di ettari.
“Da parte nostra - dice la Cia - non c’è un atteggiamento oscurantista o ideologico, né una preclusione nei confronti della ricerca, ma è chiaro che bisogna tutelare prima di tutto quelle che sono le esigenze peculiari delle produzioni tipiche dei territori agricoli italiani, che sono appunto diversificate e legate saldamente alla storia, alla cultura, alle tradizioni delle variegate realtà rurali. Il nostro “no” agli Ogm scaturisce quindi dalla semplice consapevolezza che la loro introduzione può annullare la nostra idea di agricoltura e il maggiore vantaggio competitivo che abbiamo all’estero. D’altra parte - continua la Cia - la domanda alimentare nel nostro Paese è chiara e netta: prodotti di qualità, tracciabili, biodiversi, tipici, che fanno grande il “made in Italy” nel mondo, con esportazioni che muovono 34 miliardi di euro l’anno. E i mercati stranieri - conclude la Cia - chiedono vini, oli, formaggi, salumi e trasformati tipici dei nostri territori, con i loro sapori caratteristici assolutamente non omologabili”.

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