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VENDEMMIA 2021

Il primo grappolo raccolto dà il via alla vendemmia 2021: tra produzione ed export i dati Coldiretti

Raccolta stimata in calo del 5-10%, tra i 44 e i 47 milioni di ettolitri, mentre le spedizioni tornano a crescere: +4% nei primi mesi 2021
Coldiretti, ETTORE PRANDINI, EXPORT, UVA, VENDEMMIA, vino, Italia
Cadono i primi grappoli

Al via con più di sette giorni di anticipo sul 2020, la vendemmia 2021 in Italia, con le ondate di calore causate dai cambiamenti climatici che hanno fatto schizzare le temperature oltre i 40 gradi accelerando la maturazione delle uve al Sud, mentre al Nord si stima un ritardo medio di 10 giorni. Nel frattempo, l’avanzare della campagna vaccinale anti Covid sta favorendo il ritorno alla vita di comunità e la riapertura della ristorazione in tutto il mondo con le esportazioni di vino italiano che riprendono slancio dopo un anno di sofferenza e nel 2021 registrano un balzo del + 4% in valore, come emerge dall’analisi Coldiretti, realizzata oggi, in concomitanza con la raccolta dei primi grappoli di Chardonnay, a Contrada Virzì, tra Alcamo e Camporeale, in Sicilia, nell’Azienda Agricola Principi di Spadafora.

La produzione italiana 2021 - sottolinea la Coldiretti - si stima in calo del 5-10% a livello nazionale per un quantitativo compreso tra i 44 e i 47 milioni di ettolitri, ma molto dipenderà sia dall’evoluzione delle temperature che influiscono sulla maturazione sia dall’assenza di nubifragi e grandinate che hanno un impatto devastante sui vigneti e sulle quantità prodotte. In Italia si attende comunque una annata di buona/ottima qualità anche se l’andamento della raccolta sarà influenzato molto dal resto del mese di agosto e da quello di settembre per confermare le previsioni anche sul piano quantitativo. Nonostante il calo a livello nazionale l’Italia quest’anno - precisa la Coldiretti - è il primo produttore mondiale di vino mentre per il secondo posto si prospetta una sfida tra Francia e Spagna che hanno subito un contenimento dei raccolti, anche se più marcato per i cugini d’Oltralpe.
Da Nord a Sud della Penisola la raccolta parte tradizionalmente con le uve Pinot e Chardonnay in un percorso che - precisa la Coldiretti - prosegue a settembre ed ottobre con la Glera per il Prosecco e con le grandi uve rosse autoctone Sangiovese, Montepulciano, Nebbiolo e si conclude addirittura a novembre con le uve di Aglianico e Nerello su 658.000 ettari coltivati a livello nazionale. La produzione tricolore - sottolinea la Coldiretti - può contare su 607 varietà iscritte al registro viti, il doppio rispetto ai francesi, con le bottiglie made in Italy destinate per il 70% a Docg, Doc e Igt.
Tornando ai numeri dell’export, a trainare le bottiglie italiane oltre confine nel 2021 sono in particolare i consumatori europei e proprio in Francia, nel regno dello Champagne, le etichette made in Italy fanno registrare un + 12,5%, in Russia addirittura + 32%, mentre la Germania cresce del + 4% ma su valori che ne fanno il primo mercato del vino tricolore nel Vecchio Continente. Note dolenti arrivano dalla Gran Bretagna dove le bottiglie made in Italy sono state stritolate nella morsa formata dalla pandemia con la variante Delta in piena esplosione e dalle difficoltà legate alla Brexit con un calo di quasi il 12% nelle vendite, anche se il Paese si posiziona al secondo posto tra i clienti più appassionati, in particolare del Prosecco.
Le criticità maggiori, per chi esporta verso il Regno Unito - precisa Coldiretti - interessano le procedure doganali e riguardano anche l’aumento dei costi di trasporto dovuti a ritardi e maggiori controlli. Una situazione peraltro che - continua Coldiretti - rischia di favorire l’arrivo di contraffazioni ed imitazioni favorite dalla deregulation e non è un caso che proprio nei pub inglesi sono state smascherate le vendite di falso prosecco in lattina o alla spina.
Nel resto del mondo - continua la Coldiretti - il mercato cinese, che è stato il primo a uscire dall’incubo Covid, fa registrare nel 2021 un balzo del +75% negli acquisti di vino italiano mentre continua la frenata degli Stati Uniti, dove i calici italiani sono da sempre fra i più apprezzati, ma dove gli effetti dell’emergenza sanitaria continuano a pesare.
Infatti le vendite di vino italiano negli Usa sono calate del 3% in valore anche sotto la spinta della concorrenza dei vino francese che non è più gravato da dazi aggiuntivi dopo l’entrata in vigore l’11 marzo 2021 dell’accordo tra il presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen e il presidente Usa Joe Biden sulla sospensione di tutte le tariffe relative alle controversie Airbus-Boeing.
La ripresa complessiva delle esportazioni è accompagnata dalla crescita dei consumi interni con un aumento record degli acquisti domestici di vini e spumanti del 21,3% nel primo trimestre del 2021 (sullo stesso periodo 2020), secondo elaborazioni Coldiretti su dati Ismea. Il risultato è una aumento del fatturato che è stimato dalla Coldiretti pari a 11 miliardi di euro nel 2021.
A preoccupare - sottolinea Coldiretti - sono anche le nuove politiche europee come la proposta di mettere etichette allarmistiche sulle bottiglie per scoraggiare il consumo o anche il via libera dell’Unione Europea a nuove pratiche enologiche come la dealcolazione parziale e totale che secondo la Coldiretti rappresenta un grosso rischio e un precedente pericolosissimo permettendo di chiamare ancora vino un prodotto in cui sono state del tutto compromesse le caratteristiche di naturalità per effetto di un trattamento invasivo che interviene nel secolare processo di trasformazione dell’uva in mosto e quindi in vino. Particolarmente grave - afferma la Coldiretti - è la decisione di considerare i vini de-alcolati e parzialmente de-alcolati come prodotti vitivinicoli e di consentire tale pratica anche per i vini a denominazione di origine protetta o indicazione geografica protetta.
“L’Italia può ripartire dai punti di forza con l’agroalimentare che ha dimostrato resilienza di fronte la crisi e può svolgere un ruolo di traino per l’intera economia”, commenta il presidente Coldiretti, Ettore Prandini, sottolineando che “per sostenere il trend di crescita dell’enogastronomia made in Italy serve anche agire sui ritardi strutturali dell’Italia e sbloccare tutte le infrastrutture che migliorerebbero i collegamenti tra Sud e Nord del Paese, ma anche con il resto del mondo per via marittima e ferroviaria in alta velocità, con una rete di snodi composta da aeroporti, treni e cargo. Una mancanza che ogni anno - continua Prandini - rappresenta per il nostro Paese un danno in termini di minor opportunità di export al quale si aggiunge il maggior costo della “bolletta logistica” legata ai trasporti e alla movimentazione delle merci. Il Recovery Plan rappresenta dunque una occasione unica da non perdere per superare i ritardi accumulati e aumentare la competitività delle imprese sui mercati interno ed estero. Con la vendemmia in Italia si attiva un sistema che offre opportunità di lavoro a 1,3 milioni di persone impegnate direttamente in vigne, cantine e nella distribuzione commerciale, sia per quelle impiegate in attività connesse e di servizio: il protagonismo dei giovani agricoltori in un settore importante come quello vitivinicolo”, conclude Ettore Prandini.
L’elemento che caratterizza maggiormente la nuova stagione del vino italiano - continua la Coldiretti - è l’attenzione verso la sostenibilità ambientale, le politiche di marketing, anche attraverso l’utilizzo dei social, e il rapporto con i consumatori, con i giovani vignaioli che prendono in mano le redini delle aziende imprimendo una svolta innovatrice.
Le aziende agricole dei giovani possiedono peraltro una superficie superiore di oltre il 54% alla media, un fatturato più elevato del 75% della media e il 50% di occupati per azienda in più. Una presenza che ha di fatto rivoluzionato il lavoro in campagna dove il 70% delle imprese giovani opera in attività multifunzionali che vanno dalla trasformazione e vendita aziendale del vino all’enoturismo fino alla vinoterapia. Una opportunità resa possibile dalla legge di orientamento per l’agricoltura (la legge 228/2001), fortemente sostenuta da Coldiretti che ha rivoluzionato il lavoro nelle campagne allargando i confini dell’imprenditorialità agricola e aprendo a nuove opportunità occupazionali.

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