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IL RAMADAN, FA SEGNARE UN’IMPENNATA DEI PREZZI SOPRATTUTTO DELLA CARNE. NONOSTANTE GLI AIUTI DA PARTE DEL GOVERNO TUNISINO, CHE SOVVENZIONA LE MERCI INTERNE, PESA SUL MERCATO LA GUERRA LIBICA, MERCATO DI RIFERIMENTO DELLE ESPORTAZIONI TUNISINE

Nell’immaginario occidentale, il ramadan, mese sacro dell’Islam, è spesso accostato solo al digiuno, pratica che impegna gran parte della giornata dei fedeli, che, dopo la prima preghiera del giorno (tra le 3,30 e le 4 del mattino) mangiano e bevono qualcosa, per poi affrontare la lunga attesa e, dopo l’al Maghreb (penultima preghiera), rifocillarsi. Un mese sacro, in cui il digiuno, dicono i musulmani, non è solo una pratica religiosa, ma anche un modo per purificare l’organismo e con esso anche lo spirito. Perché, spiegano, non si mangia, ma soprattutto non si fuma sino a sera, e in Nord Africa, regione di grandi fumatori, è di per sé un buon risultato. Anche perché, commentano gli amanti delle sigarette, dopo i primi tre giorni l’organismo si abitua e cala il nervosismo da astinenza. Sull’astensione forzata dal sesso, per converso, in pochi vogliono parlare. Ma ogni anno, con ciclica puntualità, il ramadan nei Paesi arabi segna una impennata dei prezzi dei generi alimentari di maggiore consumo e, quindi, un piccolo salasso per la tasche di tutti, e in particolare dei meno abbienti, pur se tutti i Governi hanno predisposto la distribuzione gratuita di pacchi contenenti cibo. Lo si vede in questi giorni di vigilia (il ramadan dovrebbe cominciare lunedì o martedì in quasi tutti i Paesi arabi) quando basta andare in giro per i supermercati - che hanno soppiantato, in un po’ tutto il Nord Africa, i piccoli esercizi - per accorgersi che i prezzi hanno subito delle impennate, delle “fiammate”, come vengono chiamate qui, alle quali poco o nulla le misure adottate dai governi riescono a porre rimedio. A segnare i rincari più significativi quest’anno sono soprattutto le carni, bianche e rosse, che stanno facendo registrare evidenti aumenti, nonostante gli enti di controllo governativi dicano l’esatto contrario, parlando solo di lievi oscillazioni. Quest’anno, poi, in Tunisia ci si è messa anche la guerra in Libia, tradizionale mercato di riferimento delle esportazioni della ricca agricoltura del sud tunisino. Le difficoltà di approvvigionamento dei libici sta facendo spostare oltre confine, oltre ai flussi normali di merce, ulteriori tonnellate e tonnellate di generi alimentari che in Libia spuntano prezzi molto più alti, ma che però vengono ad essere sottratti al mercato interno. Il Governo di Tunisi è dovuto intervenire ufficialmente minacciando sanzioni pesantissime per quei commercianti che, trattando merci sovvenzionate dallo Stato perché destinate al mercato interno, lucrano mandandole in Libia, raddoppiando il guadagno, tra sgravi in Patria e prezzi alle stesse oltre confine. Ma controlli e minacce sembrano avere poco effetto per la rete di contrabbandieri che, da quando dall’altro lato del confine sono cominciate a volare le cannonate, stanno facendo affari d’oro.

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