La produzione mondiale di vini rosé si è attestata a 22,5 milioni di ettolitri nel 2022, rimanendo sostanzialmente stabile nel 2023. Il consumo mondiale di rosati ha raggiunto 18,5 milioni di ettolitri nel 2023, pari al 10% del consumo globale di vino. Le esportazioni mondiali della tipologia, invece, sempre nel 2023, ammontano a 10,8 milioni di ettolitri, con la Spagna leader in volume (39%), seguita da Francia (18%) e Italia (13%), mentre la Francia domina in valore (47%), davanti a Italia (14%) e Spagna (12%), grazie ad un prezzo medio di 4,4 euro a bottiglia e un valore totale di 2,5 miliardi di euro, quasi raddoppiato dal 2014 (1,3 miliardi di euro). È la fotografia scattata dal “Rapporto dell’Osservatorio Mondiale del Rosé” 2025 su dati 2023, pubblicato dal Conseil Interprofessionnel des Vins de Provence (Civp) e FranceAgriMer.
E che racconta una tipologia che si conferma un segmento dinamico e strategico, capace di adattarsi alle sfide dei mercati maturi e di cogliere le opportunità offerte da nuove geografie e fasce di consumo, mantenendo una crescente polarizzazione tra prodotti di massa e rosé premium, con la Francia come epicentro qualitativo e simbolico del fenomeno, in quanto primo Paese produttore, consumatore, esportatore in valore e primo importatore in volume. In un mercato, quello dei rosé, che si orienta verso una crescente diversificazione, con scambi internazionali che, pur rallentando in volume, crescono in valore grazie al fenomeno della premiumisation, ovvero dell’aumento della qualità media e del prezzo dei prodotti. E che fa sì che, nonostante una flessione annua del consumo mondiale di rosati, pari al -1,7% (inferiore del -3,8% registrato dai vini fermi in generale), la tipologia mantenga una notevole resilienza: una tenuta, sostenuta da una domanda più selettiva, dalla valorizzazione del prodotto e da mercati emergenti che compensano il calo dei mercati tradizionali.
La produzione mondiale dei rosé resta, dunque, concentrata in Francia (33% dei volumi nel 2022, contro il 30% nel 2021), Spagna (21%), Italia (11%), Usa (8%) e Sudafrica (5%), ma si affacciano nuovi e dinamici Paesi produttori come Cile, Nuova Zelanda, Australia, Ungheria, Bulgaria e Canada, segno di una crescente internazionalizzazione dei rosati.
Il consumo mondiale di rosé, pur in calo rispetto al picco del 2019, ha registrato una flessione annua del -1,7%, più contenuta del -3,8% dei vini fermi nel complesso. Francia (31%), Germania (12%) e Stati Uniti (10%) coprono ancora il 53% della domanda globale, ma in calo rispetto al 58% dei primi anni 2010, segno di una progressiva apertura a nuovi mercati. E, infatti, crescono i consumi in Europa dell’Est, Oceania, Canada, Italia e Spagna, mentre il resto del mondo rappresenta ora il 22% della domanda, rispetto al 17% di dieci anni fa, evidenziando un mercato sempre più globale e frammentato.
Le importazioni, pari a circa 9,5 milioni di ettolitri, vedono la Francia al primo posto per volume (27%) - soprattutto di rosé spagnoli a basso costo, spesso importati in forma sfusa (82% dei volumi) o ad un prezzo medio di 0,6 euro per bottiglia da 75 cl - seguita da Germania (18%) e Regno Unito (13%). In termini di valore, in testa si conferma, invece, il Regno Unito (17%), seguito da Germania (11%) e Stati Uniti (10%), per un valore complessivo di 2,2 miliardi di euro, anch’esso in forte crescita dai 1,3 miliardi del 2014. Gli Stati Uniti, ormai importatori netti, registrano un calo strutturale dei rosé “blush” - una categoria di vini rosati, tipicamente americani caratterizzati da un colore molto chiaro, quasi rosa pallido, e da un gusto dolce o semidolce - e una stabilizzazione della crescita dei rosé secchi in stile provenzale, più apprezzati dal consumatore contemporaneo.
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