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IL SENATO SI DIVIDE ANCHE A PRANZO, C’È CHI ESALTA LA BUONA CUCINA DEL RISTORANTE DI PALAZZO MADAMA E CHI LO MINIMIZZA DEFINENDOLO UNA “COMUNE MENSA”. L’UNICA COSA CHE ACCOMUNA I GUSTI DI TUTTI SONO I PASTI A PREZZI PIÙ CHE POPOLARI

I conflitti interni di Palazzo Madama ora si estendono anche al ristorante: dopo la polemica scoppiata sul costo dei pasti dei senatori (prezzi che variano, a sentire i bene informati, dai 10 ai 15 euro), ora c’è chi minimizza sulla bontà dei prodotti. Chiaramente, parliamo di un menu sontuoso dall’antipasto al dolce (al carrello), primi elaborati, secondi di carne e pesce, servizio griglia in sala (per quelle voglie irrefrenabili di pesce spada o lombatina), più un intero orto botanico di verdure disponibili come contorno. Ma a sentire Riccardo Villari. Senatore e sottosegretario ai Beni culturali, ex Pd: “Il ristorante del Senato? Non è certo Chez Maxim, ma una cosa da mensa. Il pesce non è mai fresco e i cibi spesso sono precotti. Altro che casta e privilegi, insomma, costa così poco - Villari, calcolatrice alla mano, fa anche i conti in tasca ai senatori - perché poco vale. Un pranzo alla fine sono 10-12 euro, cioè le vecchie 20-25mila lire, non proprio zero, non una cosa da uno o due euro. Alla Camera si mangia - continua Villari - certamente meglio. E non pensate di trovare il pesce fresco: spesso tutti i senatori hanno una sola ora per pranzare e quindi vanno in massa ai tavoli. Si deduce facilmente che i cibi non possono essere cucinati al momento, è tutta roba già pronta. Diciamo che il prezzo corrisponde a quello che mangi”.

a far da contraltare ci pensa Carlo Monai, deputato dell’Italia dei Valori: “Il bar della buvette è in linea con i prezzi di mercato. Il ristorante, invece, no. Ci costa in media 15 euro, ma la tavola è apparecchiata come un tre stelle Michelin, i camerieri sono in livrea, lo chef è bravo e prepara piatti di grande qualità - ma anche Monai un difettuccio lo trova - Ottimi vini, ma nessuna bottiglia friulana”.

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