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IL TIRRENO

Piano con l’alcol, oggi si beve leggero ... La rassegna fa un monitoraggio dei gusti dei consumatori: sono le donne a determinare il trend ... Se il clic si trasformasse in unità di misura e non restasse confinato nel suo recinto di voce rivelatrice dello scatto metallico, indicherebbe la velocità con cui le cose cambiano ai giorni nostri. Il mondo del vino, viceversa, si trasforma al ritmo del cammello, vale a dire con passo lento e cadenzato, costante e senza strappi. Perché il gusto iniziasse a modificarsi, ad esempio, ci sono voluti almeno dieci anni. Nel 2003, quando la sbornia di fine millennio non era ancora stata smaltita, i produttori più lungimiranti iniziavano a prefigurare un cambiamento dello stile: basta con i rossi muscolari, densi come sciroppi, pieni di sentori fruttati, con un tasso alcolico da capogiro, più vicini ai passiti che non ai vini della tradizione. La 46a edizione di Vinitaly, che oggi chiude i battenti, ratifica le tendenze che in dieci anni si sono fatte avanti nel Vecchio Continente e soprattutto in Italia, dove il crollo del mercato interno anima la spinta a esplorare le nuove frontiere del gusto. La riprova viene dallo spumante nostrano, capace d’imporsi a ritmo crescente e su scala globale, spronando i produttori di altri Paesi a maldestri tentativi d’imitazione: i tedeschi, ad esempio, spingono per i loro “Kressecco” e “Meersecco”, ma neppure i brasiliani e i cinesi stanno con le mani in mano. E in ogni caso, nonostante i tentativi di plagio più o meno riusciti, è lo spumante italiano a trainare l’export, facendo registrare nel 2012 un +14% che bilancia la perdita di terreno del vino. Ovunque, e non solo nel Belpaese, si diffonde l’abitudine alla bevuta più leggera. Ovvero a qualcosa che faccia da intermezzo, da parentesi non impegnativa tra il pranzo e la cena. Meglio se per l’aperitivo o l’happy hour, spumante o vino che sia, inclusi i rosé. D’altra parte l’identikit che emerge dalla rassegna veronese è quella di un consumatore più esigente e informato, attento alle novità, in cerca dei sapori del territorio e predisposto agli acquisti in misura ponderata, sempre dopo aver valutato il rapporto tra qualità e prezzo. In tal modo a soffrire sono i rossi di fascia alta, quelli concepiti per assecondare le tendenze dei consumatori più danarosi, che attribuiscono al vino un valore di status-symbol. E infatti i nuovi clienti, come emerge da una ricerca di WineNews, prediligono le etichette più facili da bere, dai sapori nuovi e decisamente legati al territorio, il cui prezzo di acquisto di rado supera i dieci euro. Scadimento del gusto? Neanche a parlarne. Meglio, se in caso, ratificare il progressivo allargamento della fascia dei consumatori, come provano alcune ricerche mirate. Quella realizzata da Vinitaly durante l’edizione 2012 su un campione di quasi tremila visitatori, comprova infatti che uomini e donne hanno gusti diversi e spesso contrapposti. Le wine lover italiane preferiscono i vini più leggeri e in particolare le bollicine: il loro è un consumo più mondano e legato alla convivialità rispetto a quello maschile, in particolare nelle fasce di età più basse. Gli uomini propendono più per i rossi e, se capita, non rinunciano a una grande bottiglia pur di coronare degnamente un pasto o un’occasione importante. Quanto poi alle generazioni, la frattura è netta: i più giovani solo di rado bevono vino per pranzo o cena, riservando l’appuntamento con il bicchiere all’aperitivo o nel fine settimana. Le nuove tendenze faranno storcere la bocca ai sacerdoti del vino, ai puristi dello stile, alle vestali del cosiddetto parkerismo, la filosofia dell’assaggio coniata da Robert Parker, il più ascoltato critico enologico degli Stati Uniti. Siccome però il mercato yankee è il più proficuo dopo quello europeo, vien da sé che se vorranno sopravvivere all’evoluzione palatina concomitante alla crisi, i vitivinicoltori dovranno sdoppiarsi, diversificando le produzioni: vini popolari strizzando l’occhio alle bollicine per assecondare le nuove abitudini enoiche, bottiglie dai sapori fruttati e traboccanti di alcol per imporsi nei mercati più ricchi. Sempre che i Paesi emergenti, i cosiddetti Bric, non impongano altri canoni gustativi. Ma anche in tal caso il mutamento dello stile procederà al passo di cammello, confinando il clic ad altri mondi, lasciandolo estraneo da quello del vino.

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