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AL VIA “CIBUS”

Il valore della filiera agroalimentare italiana genera 620 miliardi di euro, export in crescita

Analisi Coldiretti su dati Divulga: dal campo alla tavola, 4 milioni di lavoratori in 740.000 aziende agricole e 70.000 industrie alimentari
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La pasta, uno dei simboli del made in Italy

Non si ferma la crescita del made in Italy agroalimentare, vero e proprio tesoro dell’economia nazionale in grado di garantire occupazione, ma anche prestigio nazionale ed internazionale. Il valore della filiera allargata sale a 620 miliardi di euro, con il cibo made in Italy che assume un ruolo sempre più centrale per la crescita economica del Paese. A dirlo è l’analisi Coldiretti su dati centro studi Divulga, diffusa in occasione dell’inaugurazione di Cibus, il Salone Internazionale dell’Alimentazione, da oggi al 10 maggio a Parma. Il made in Italy dal campo alla tavola vede impegnati ben 4 milioni di lavoratori in 740.000 aziende agricole, 70.000 industrie alimentari, oltre 330.000 realtà della ristorazione e 230.000 punti vendita al dettaglio. Un patrimonio del Paese sostenuto dai primati dell’agricoltura italiana, che vanta il primo posto in Ue per valore generato per ettaro, quasi 3.000 euro, il doppio rispetto ai “cugini” francesi ed i due terzi in più dei tedeschi.
Ma le campagne nazionali hanno anche la leadership Ue nel biologico con 80.000 operatori, il maggior numero di specialità Dop/Igp/Stg riconosciute (325), 526 vini Dop/Igp, 5.547 prodotti alimentari tradizionali e Campagna Amica, la più ampia rete dei mercati di vendita diretta degli agricoltori. Un valore aggiunto che si riflette sulle esportazioni agroalimentari made in Italy che nei primi due mesi 2024 sono salite in valore a quota 11 miliardi di euro, con un aumento del 13% sullo stesso periodo 2023, con un inizio positivo che va a migliorare il record di sempre fatto registrare lo scorso anno con 64 miliardi di euro. Ma non va dimenticato che l’agricoltura italiana “produce” anche la tutela del paesaggio e dei territori, biodiversità, salute e benessere, contrasto ai rischi idrogeologici, coesione territoriale, è baluardo allo spopolamento delle aree marginali, genera turismo ed energie rinnovabili.
“I successi del made in Italy a tavola sono indissolubilmente legati all’agricoltura nazionale come ha da tempo compreso quella parte dell’industria alimentare d’eccellenza che ha fondato il suo successo sul prodotto 100% italiano dal campo alla tavola - spiega il presidente Coldiretti, Ettore Prandini - una garanzia di trasparenza verso i consumatori, ma anche un atto di patriottismo verso il Paese, poiché è creando ricchezza sul territorio che si sostiene l’economia nazionale”.
Eppure, non mancano le preoccupazioni per il settore con i pericoli citati da Coldiretti di cui si parla a “Cibus”, a partire dai “salumi e formaggi italiani Dop come il Prosciutto di Parma o il Pecorino toscano marchiati con il bollino rosso, etichette allarmistiche sul vino che, dopo l’Irlanda, arrivano anche in Belgio, esportazioni di frutta e verdura di IV gamma messe a rischio dalla direttiva sul packaging e prodotti stranieri che diventano magicamente italiani grazie a minime lavorazioni”. Nel mirino dell’associazione c’è ancora il Nutriscore, “l’etichetta a semaforo che sembrava congelata, ma alla quale il Portogallo ha recentemente aperto le porte andando ad aggiungersi a Francia, Germania, Belgio, Paesi Bassi e Lussemburgo. Un sistema sostenuto dalle multinazionali che penalizza prodotti simbolo della Dieta Mediterranea, non fornendo informazioni, ma facendo scattare l’allarme su alcuni prodotti per condizionare le scelte alimentari dei cittadini. E infatti vengono utilizzati i colori del semaforo, giallo, rosso e verde per indicare la salubrità dell’alimento, concentrandosi solo su alcune sostanze nutritive come zucchero, grassi e sale, ma senza tener conto delle quantità assunte. Basti pensare che alcuni “gioielli” del made in Italy a tavola sono classificati con la lettera “E” in rosso (il “rating peggiore”), e lo stesso olio extravergine d’oliva, riconosciuto da tutti come elisir di lunga vita, può vantare appena una “C”, mentre bevande gassate e cibi ultraprocessati di cui spesso non è nota neppure la ricetta vengono promossi a pieni voti col bollino verde e la lettera “A”. Un rischio anche per la salute dei consumatori che la prossima Commissione Europea dovrà scongiurare definitivamente”.
Alla nuova Unione Europea che uscirà dalle urne di giugno, Coldiretti chiede di sostenere la proposta di legge europea per introdurre l’obbligo dell’indicazione di origine in etichetta su tutti i cibi in commercio. Ma gli interrogativi rimangono aperti anche sulla direttiva packaging in cui “resta in bilico l’ortofrutta di IV Gamma, dove il futuro di insalata in busta o confezioni di pomodorini è affidato a deroghe a livello nazionale. Il rischio è una miriade di posizioni differenti che potrebbe danneggiare soprattutto le esportazioni di frutta e verdura tricolore” oltre alle etichette “allarmistiche” sul vino, “dopo che l’Irlanda ha ottenuto il via libera dalla Commissione Europea ad adottare sulle bottiglie di vino e birra avvertenze terroristiche che non tengono conto delle quantità, e con il Belgio che ha annunciato l’intenzione di seguire la stessa strada”.

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