“Il viaggio e la libertà di viaggiare”: ecco il tema di “Identità Golose” 2017, declinato fuori e dentro il piatto dai più grandi e creativi chef italiani e internazionali, a Milano dal 4 al 6 marzo, come racconta a WineNews il deus ex machina di uno degli appuntamenti più attesi dagli amanti dell’enogastronomia del Belpaese, Paolo Marchi. “Viaggiare è sempre più difficile - spiega Marchi - si parla tanto di globalizzazione, ma per motivi politici, economici, e per tutto ciò che vediamo intorno a noi il quadro è sempre più drammatico. L’anno scorso avevamo scelto il tema “La Forza della Libertà”, perché crediamo che l’uomo debba essere libero di spostarsi, e tutto questo protezionismo, che in tanti vanno cercando, è proprio la negazione dello sviluppo umano. Il viaggio ha sempre rivoluzionato la storia, basti pensare a quello di Colombo, grazie al quale sono state scoperte le Americhe, che hanno condizionato in maniera enorme la cucina europea e mondiale. Certo, vista dalla parte dei nativi Sudamericani la conquista spagnola è stato uno sterminio, il colonialismo purtroppo è così, ci sono aspetti positivi per alcuni e negativi per altri, così come il vento e il mare che portano i prodotti. Però - continua il creatore di “Identità Golose” - pensare che la soluzione sia chiudersi alle diversità, e aver paura che qualcuno apra un negozio Kebab, è un qualcosa che rifiutiamo come concetto. Poi va tutto regolamentato, bisogna capire la portata di certe dinamiche, ma non è certo chiudendo le dogane così si risolvono i problemi”.
“Alle fine, cucina e vino sono fenomeni legati a doppio filo alle dinamiche migratorie - riprende Marchi - e quindi agli spostamenti dei popoli, in fuga o alla conquista di altri popoli, portando sempre con sé la propria cultura, fatta ovviamente di prodotti gastronomici. Per non parlare dell’evoluzione vissuta negli ultimi 20-30 anni, con l’arrivo sulle nostre tavole della cucina etnica da ogni parte del mondo, scoperta grazie ai Club Med e alle vacanze low cost: 30 anni fa non era così comune viaggiare in luoghi lontani, per non dire remoti, mentre oggi mangiare indiano o sushi è la cosa più comune che ci sia, come trovare l’avocado dal fruttivendolo. Il concetto è che se ci piacciono i noodless è perché ci piacciono il viaggio e la tolleranza”.
La possibilità di viaggiare attraverso le cucine del mondo, assaggiandole, allo stesso tempo può essere una ricetta per l’integrazione ma anche l’antidoto all’intolleranza. “Tutto sta nel cercare di capire. Per esempio - continua Marchi - in questi giorni girano delle foto di Angelina Jolie che mangia golosa e contenta gli insetti. A me fa schifo solo l’idea di mangiarli: sono molto curioso, ma fino a quel punto non ci arrivo. Non appartiene alla nostra cultura, perciò intanto impariamo a mangiare le frattaglie bene, le lumache e altre cose che ci appartengono. Non ci si deve sentire obbligati ad assaggiare queste cose, ma avvicinarsi e capirle sì. Il viaggio, come lo intendiamo, è anche il viaggio di un prodotto, non è solo il viaggio di un cuoco che inizia ad andare a destra e a sinistra e a aggiornarsi, conoscendo nuovi prodotti. Ed è anche un viaggio interno, per capire come si può migliorare una ricetta, un prodotto, un ristorante. Però se uno non si apre, non viaggia, non vuole capire e non vuole conoscere sarà sempre una persona arida e chiusa. Come ho già detto, se ci piace il Kebab magari cerchiamo anche di capire perché e dove è stato inventato. Anche perché - aggiunge il critico - noi italiani tutto ciò che abbiamo in termini di eccellenza lo abbiamo importato: il caffè non è nostro, il vino non è europeo, il pomodoro neanche. Ovviamente, passati i secoli non ci facciamo neanche più caso, e magari lo stupore che hanno avuto i nostri avi davanti a qualcosa di nuovo adesso ci fa ridere, ma in realtà abbiamo impiegato 300 anni per capire che il pomodoro si poteva mangiare, per cui un po’ più di tolleranza e di curiosità non farebbe mai male”.
Tema, quello del viaggio, che a “Identità Golose” sarà declinato dagli chef. “Alajmo e Bottura, ad esempio, faranno un viaggio attraverso i loro piatti. Quello di Alajmo - racconta ancora Paolo Marchi - ruoterà intorno alla pizza Margherita: alcuni anni fa aveva presentato una pizza soffice cotta al vapore, e vuole tornarci cinque anni dopo per vedere come questo percorso si è arricchito di esperienze nuove in questo senso. Bottura invece farà la strada a ritroso, dal n. del “50 Best Restaurants” alle sue origini, rivelando una grande logica nei suoi piatti, dal punto di partenza la punto di arrivo. Franco Pepe, pizzaiolo, farà invece una lezione con Sarah Minnick, pizzaiola a sua volta a Portland, in Oregon: tra i due c’è una fitta collaborazione da qualche tempo, e sarà interessante vedere come si declina la pizza nella culla in cui è nata, la Campania, e in una città che nulla ha a che vedere con la storia della pizza. In fondo, si tratta di un disco di pane che va condito ed arricchito, per cui il viaggio per loro è l’incontro e la scoperta di una filosofia, per scoprire che entrambi cercano il meglio dei prodotti dei rispettivi territori. È chiaro che se a Portland il territorio ti offre dei formaggi vaccini, saranno usati quelli, non troveremo la mozzarella, e questo ha una sua logica. Inoltre - conclude Paolo Marchi - ci saranno quattro pasticceri che omaggeranno “Il Luogo di Aimo e Nadia”, dove hanno lavorato, con un dolce di cioccolato, ognuno in un modo diverso, perché nell’arco di 20 anni il dolce è evoluto. E così via, perché il viaggio è tantissime cose”.
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