Gli inglesi fanno sul serio, e quella che fino a qualche anno fa era percepito come un esperimento poco più che folcloristico, l’ambizione quasi impossibile di entrare a pieno titolo nel ristretto novero dei Paesi produttori di vini di qualità, sta diventando a grandi passi realtà. Per carità, il vino britannico, per tanti motivi, è ancora lontano dall’impensierire quello di Italia e Francia, sia sul mercato interno che su quello internazionale, ma i ritmi di crescita sono impressionanti: nel solo 2019 gli ettari vitati sono cresciuti del 25% sull’anno precedente, 3 milioni di barbatelle piantate tra Inghilterra e Galles, che portano le superfici coltivate a vite a 3.500 ettari, perlopiù a Chardonnay, Pinot Noir e Pinot Meunier che, come ricorda l’associazione WineGB al magazine “Decanter”, rappresentano la base produttiva delle bollicine dii Champagne. Non è un caso, allora, anche per motivi squisitamente climatici, che il 69% della produzione britannica sia di vini spumanti, ma crescono anche i vini fermi, specie Chardonnay e Pinot Nero. In tutto, la produzione 2018 toccherà i 15,6 milioni di bottiglie, con la previsione, a questi ritmi di crescita, di arrivare a 40 milioni di bottiglie nei prossimi vent’anni. Nulla di preoccupante, verrebbe da dire, anche se il rischio di una contrazione degli spazi di crescita. sul fondamentale e remunerativo mercato Uk (in cui l’Italia nel solo mese di gennaio 2019 ha spedito 51 milioni di euro di vino, ndr), esiste.
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