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LA CURIOSITÀ

Il vino è anche questione di calice. E Italesse lancia quello per l’Amarone della Valpolicella

Il bicchiere per il grande rosso veronese dopo quelli per Brunello di Montalcino, Barolo, Vermentino di Sardegna e Gallura e Ribolla Gialla di Oslavia

Se la cultura del vino è cresciuta molto negli ultimi decenni, altrettanto non si può dire circa quella degli effetti delle forme del calice sulle percezioni sensoriali. Ecco perché tuttora “stupore e incredulità” accompagnano le degustazioni comparate del medesimo vino in calici diversi quando emergono differenze, anche notevoli, tra un sorso e l’altro. Nello stesso mondo tecnico, tra produttori, enologi e sommelier, l’attenzione al tipo di calice per valorizzare vini diversi, seppur molto cresciuta, stenta ad affermarsi. Servono un altro po’ di tempo ed esperienze di confronto, come quella proposta da Italesse nella presentazione del calice da Amarone della Valpolicella, frutto del Progetto Senses e della sperimentazione a cura del team di enologi, sommelier e tecnici del T-made Lab, che ha trovato la disponibilità delle Famiglie Storiche - Allegrini, Begali, Bertani, Brigaldara, Guerrieri Rizzardi, Masi, Musella, Speri, Tedeschi, Tenuta Sant’Antonio, Tommasi, Torre D’Orti e Zenato - non solo nella fornitura dei vini per i test, ma anche per un confronto sulle caratteristiche da evidenziare e da “moderare” nella degustazione del grande rosso veronese da uve appassite. Questa stretta collaborazione con il mondo produttivo è un aspetto molto importante che si aggiunge e dà ulteriore valore al progetto di Italesse già foriero di un modo inedito di guardare all’espressione del vino nel calice.
Finora il “mondo calici” da vino - oltre che per i materiali e la manifattura - si è differenziato in base alla tipologia di vino, secondo un approccio semplice, dedicando calici “universali” a bianchi, rossi e spumanti, oppure creando dei modelli per vini ottenuti da varietà specifiche. Già una buona approssimazione questa, ma - considerando l’importante influenza della forma delle diverse parti del calice sulla percezione organolettica - è difficile immaginare, per esempio, che uno Chardonnay borgognone e uno australiano possano trovare entrambi la loro massima espressione in un calice della medesima forma perché il terroir gioca prepotentemente la sua parte. L’irruzione, per così dire, del terroir nella valorizzazione del vino ha condotto Italesse alla ricerca del “calice sensoriale” dedicato a vini come il Brunello di Montalcino, calice ufficiale del Consorzio, il Barolo e - a completare la trilogia dei rossi di eccellenza - all’Amarone con il T-made 76 AV (il numero accanto ad ogni modello sta per la capacità totale in centilitri), presentato ufficialmente a media e addetti ai lavori, nei giorni scorsi, all’Antica Bottega del Vino di Verona, un vero e proprio tempio del vino. Nella stessa collezione ultra-professionale T-made in versione “Leggerissimi”, soffiati a bocca e lavorati a mano, ci sono anche il calice pensato per i Vermentini di Sardegna e di Gallura e quello ufficiale dell’Associazione Produttori Ribolla di Oslavia per i loro orange wines.
“Affrontare l’Amarone è stato per noi un banco di prova straordinario - ha raccontato Massimo Barducci, Ceo Italesse - che ha richiesto 24 mesi di progettazione e test, 690 degustazioni e la realizzazione di 6 diversi prototipi per individuare le forme definitive di questo calice capace di rispettare la struttura e la complessità dell’Amarone, ma anche di restituirne la finezza aromatica, offrendo la leggerezza e l’eleganza che contraddistinguono la collezione T-made”. Una vera e propria sfida, la stessa che l’Amarone - vino dall’importante grado alcolico - sta affrontando per mitigare gli effetti del cambiamento climatico sull’aumento della gradazione alcolica e sull’accelerazione impressa all’appassimento delle uve che gioca a sfavore della ricchezza sensoriale. Sull’esaltazione di complessità e trama tannica e sulla moderazione della percezione dell’alcolicità si è concentrata la ricerca delle forme ottimali del calice che si presenta con un fondo ampio e piatto per stemperare l’impatto alcolico e valorizzare morbidezza e complessità del vino grazie all’ampio rapporto tra superficie e ossigeno, un diametro del bevante calcolato per valorizzare l’intensità olfattiva e la coppa con uno spigolo netto per accentuare la freschezza del vino al palato.
“L’Amarone rappresenta un patrimonio unico nel panorama enologico mondiale - ha sottolineato Paolo Lauria, sommelier e head of marketing Italesse - non solo per la sua storia e per la procedura di lavorazione, ma anche per la straordinaria varietà di stili interpretativi che questo calice riesce bene a restituire. Servono una maggior cultura del calice e una collaborazione con l’alta ristorazione per diffondere un uso più appropriato di forme specifiche, immaginando anche una geolocalizzazione in base alla carta dei vini del proprio territorio. La scelta del calice è anche uno strumento per non vanificare il pairing con il cibo o addirittura per correggerlo di fronte alla scelta di un commensale che magari per suo gusto sceglie non proprio il vino perfetto per il piatto che meriterebbe, per esempio, una maggior freschezza o un tannino più presente”. Certo, questa può sembrare fantascienza al momento, quando ancora la temperatura di servizio corretta è poco praticata, ma è importante gettare il cuore oltre l’ostacolo.
La scelta di posizionamento di prezzo di Italesse, azienda leader in Italia, è aggressiva e l’intento è quello di potenziare la presenza all’estero. “Il successo del Progetto Senses grazie alla creazione di un laboratorio interno - ha sottolineato Barducci in conclusione - ci spinge a guardare oltre i confini nazionali, verso i grandi vini internazionali, come i Bordeaux o i Borgogna, con l’ambizione di offrire calici che sappiano valorizzare ogni identità enologica con precisione sartoriale”. Tuttavia la diffusione all’estero del calici dell’azienda di Muggia (Trieste), è iniziata molti anni fa con l’ingresso in azienda dello stesso Massimo Barducci che, spingendo l’internazionalizzazione a partire dalla Francia, ha posizionato i calici aziendali in maison del calibro di Veuve Cliquot e Laurent-Perrier, ma per così dire “sotto mentite spoglie”, cioè con il nome dei loro brand.

Clementina Palese

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