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IMMIGRAZIONE - CARITAS-COLDIRETTI: 1 OCCUPATO AGRICOLO SU 10 E’ EXTRAUE. IN CAMPAGNA L’INCIDENZA PERCENTUALE TRA LE PIU’ ELEVATE DEI DIVERSI SETTORI ECONOMICI

Con il 10% di extracomunitari sul totale dei lavoratori agricoli è nelle campagne dove la presenza di immigrati evidenzia una incidenza tra le più elevate dei diversi settori economici. Lo afferma la Coldiretti, che ha collaborato alla redazione del XVIII Rapporto Caritas/Migrantes sull’immigrazione, nel sottolineare che sono 98.155 i rapporti di lavoro in agricoltura identificati come extracomunitari negli archivi Inps.

“I dati che emergono dal rapporto evidenziano - sottolinea la Coldiretti - la determinazione della parte più sana ed economicamente attiva dell’imprenditoria agricola a perseguire percorsi di trasparenza e qualità del lavoro adempiendo puntualmente agli obblighi burocratici ed economici connessi ai rapporti di lavoro dipendente anche se permangono, purtroppo, inquietanti fenomeni malavitosi e di becero sfruttamento della manodopera, che gettano un’ombra pesante su un settore che ha invece scelto con decisione la strada della regolarità”.

“I lavoratori stranieri presenti nelle campagne italiane appartengono a diverse nazionalità anche se a trasferirsi in Italia per lavorare in agricoltura - sostiene la Coldiretti - sono principalmente nell’ordine gli albanesi (15%), i rumeni (12%) e a sorpresa gli indiani (10%) che trovano occupazione soprattutto negli allevamenti del nord per l’abilità e la cura che garantiscono alle mucche”.
Sono molti i “distretti agricoli” dove i lavoratori immigrati sono diventati indispensabili come nel caso della raccolta delle fragole nel Veronese, delle mele in Trentino, della frutta in Emilia Romagna, dell’uva in Piemonte, del tabacco in Umbria e Toscana o del pomodoro in Puglia. “Si tratta di un evidente dimostrazione che - conclude la Coldiretti - gli immigrati occupati regolarmente in agricoltura contribuiscono in modo strutturale e determinante all’economia agricola del Paese e rappresentano una componente indispensabili per garantire i primati del made in Italy alimentare nel mondo”.

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