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IMPRESE: IN ITALIA 130.000 CERTIFICATE. CRESCE IL SETTORE ALIMENTARE

Lo strumento della certificazione di qualità, numeri alla mano, piace in Italia dove sono 130.000 le aziende “Iso 9001” & c. in tutti i settori (quasi il 50% nel comparto edile), che posizionano il Belpaese al secondo posto al mondo, dopo la Cina. Così nel convegno sulla normativa tecnica volontaria nei settori agricoltura e agroindustria promosso dal Consiglio Nazionale Economia e Lavoro (Cnel) e dall’Ente nazionale Italiano di Unificazione (Uni), frutto di un protocollo di collaborazione Uni-Cnel e in vista del varo dal 1 gennaio 2010 di un ente di accreditamento unico.

Per il made in Italy, ha detto il vice presidente del Cnel, Vittorio Fini, “la sicurezza e la qualità sono elementi distintivi della nostra agricoltura e agroindustria, oggi e con maggiore spinta domani. È il sistema delle imprese che ci sta credendo sempre di più in un mercato che tende all’indistinto e rischia l’omologazione”.

Con la normativa tecnica volontaria, ha sottolineato il presidente dell’Uni, Piero Torretta, “sia le imprese che la pubblica amministrazione intrattengono rapporti chiari con fornitori e clienti e garantiscono, con la tracciabilità, la qualità del prodotto. La certificazione - secondo Torretta - non è un business di per se, ma un sostegno alle imprese perchè la garanzia di contenuto può essere la chiave di volta per il posizionamento di mercato delle aziende, con un buon rapporto prezzo/qualità delle certificazioni anche per le Pmi”.

In crescita, secondo un’elaborazione Confagricoltura su dati Sincert, risultano le aziende certificate in agricoltura, passate dalle 3808 del 2005 alle 4681 del 2008, trainate dal biologico. Numeri ancora di nicchia, con gli operatori che prediligono i marchi Dop, Igt e Doc, perchè ritenuti più riconoscibili dal mercato, come ha spiegato Luigi Tozzi, responsabile Ufficio Qualità e Sicurezza Alimentare dell’organizzazione agricola, lamentando però “troppi regionalismi, che costringono i distributori a confrontarsi con 20 diverse normative sull’insalata, fino a che non fanno un disciplinare in proprio da imporre su tutto il territorio”.

“Siamo convinti che la certificazione non possa essere un fardello per l’impresa” ha detto Enrico Marchetti dell’Area Politiche Industriali e di filiera di Federalimentare, precisando che sono 60.000 gli addetti impegnati in attività di analisi e controllo, con un investimento di oltre 2 miliardi di euro l’anno. Tuttavia, “per un settore sensibilissimo alla certificazione ambientale, pre-requisito irrinunciabile, con 400 controlli e analisi giornalieri ad azienda - continua l’esperto dell’industria alimentare - occorre maggiore apprezzamento dal mercato e un freno alla profilerazione dei marchi di certificazione. Ben vengano, dunque, armonizzazione e semplificazione”.

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