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ATTUALITÀ

In Francia una vendemmia che racconta la resistenza iraniana contro il regime di Teheran

Tra i filari di Masrour Makaremi, a Saint-Meard-de-Gurcon, storie e speranze di Marjan Jangjoo e Soodeh Lashkarizadeh, fuggite dall’oppressione

Un atto di resistenza, unito alla rinascita della cultura persiana, attraverso le mani di chi vendemmia l’uva”. La vendemmia, tra i filari di Syrah di Masrour Makaremi, a Saint-Meard-de-Gurcon, assume un significato profondamente attuale. Ortodontista e neuroscienziato, Masrour Makaremi è fuggito dall’Iran nel 1988, quando il regime giustiziò la madre, per raggiungere il padre in esilio a Limoges. La vigna, come ha raccontato a “France 24”, rappresenta un legame fortissimo con l’Iran e con la sua città natale, Shiraz, dove la millenaria tradizione vitivinicola, nonostante le imposizioni del regime, non è mai morta. Ma anche, e soprattutto, parte di una lotta che non è mai finita, portata avanti dalla resistenza di donne come Marjan Jangjoo, tra le protagoniste delle manifestazioni di proteste esplose in Iran dopo l’uccisione di Mahsa Amini, ormai quasi definitivamente represse da Teheran.

Marjan Jangjoo, insegnante di yoga e snowboard e maratoneta, è riuscita a fuggire e raggiungere, grazie a qualche fortunoso contatto diplomatico, la Francia, e in queste settimane porta avanti la sua protesta proprio dai vigneti di Syrah di Masrour Makaremi. Insieme all’amica e collega Soodeh Lashkarizadeh (scappata nei Paesi Bassi nel 2018 dopo essersi tolta l’hijab durante una partita di cricket) ha messo via il velo e indossato una maglietta nera con scritto “Liberté”. Una libertà che passa anche per il vino ed i messaggi che sa veicolare, unendo idealmente la Francia, terra che le ha accolte, e l’Iran, dove “il regime vuole distruggere la felicità, come quella che si ottiene ballando, facendo sport o bevendo vino”, ma dove un giorno sperano di poter tornare. Il risultato di questa vendemmia resistente saranno le 6.000 bottiglie di “Cyrus”, dal fondatore dell’Impero Persiano, un vino fermentato ed affinato in anfore di terracotta, come si faceva in Persia 5.000 anni fa.

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