Si intitola “Gambero Rozzo: più che una questione di etichetta è una questione di forchetta”. E’ il nuovo libro del giornalista Carlo Cambi, edito da Newton Compton (420 pagine, 20 euro). Cambi, fondatore e per otto anni direttore de “I Viaggi di Repubblica”, oggi docente di Teoria e Politica del turismo all’Università di Macerata, ha raccontato, in questo lavoro, i mille indirizzi d’Italia dove si fa ancora cucina di tradizione e dove il prezzo non supera i 30 euro.
“Ho scritto questa guida perché non ne posso più di sentir parlare di cucina molecolare, destrutturata, stellare - racconta l’autore - ho pensato questa guida per contrastare il festival delle pentole che sta banalizzando l’arte del fare da mangiare e anche perché credo che oggi la gente non abbia tanti soldi da poter spendere al ristorante. Era giusto applicare i criteri rigorosi della critica anche a quelle tavole dove non si fa cucina spettacolo. Insomma è un libro scritto in spirito di servizio verso i lettori e anche verso gli osti”.
Ma il titolo non è un po' provocatorio? “Nessun intento polemico, solo un modo - confessa Carlo Cambi - per far capire subito di cosa si tratta. Anzi, devo dire che senza il lavoro fatto dalle altre guide oggi la cultura del cibo e del vino sarebbe ancora più scarsa: quindi merito a loro. Però, adesso, mi pare che ci sia qualche eccesso e io ho cercato di rimettere le cose a posto. Come ha detto benissimo Mario Giordano basta ai cuochi d’artificio, torniamo ai cuochi di beneficio”.
Ma ci sono classifiche e punteggi? “Nemmeno per sogno, ci sono solo segnalazioni: ho stilato una mia top ten che è capeggiata dal Latini di Firenze. L’ho fatta per dare merito ha chi a continuato a cucinare come parla. Ho prestato molta attenzione anche a quelle tavole che servono buoni vini a prezzi contenuti. E confesso che mettere insieme questi mille indirizzi non è stato facile: i criteri che ho adottato nella selezione sono molto rigidi”.
E una classifica per territori c’è? “No, però, posso dire che nell’Italia centrale si mangia meglio che altrove. Toscana, Umbria, Marche e alto Lazio, sono a mio modo di vedere le regioni dove c’è più attenzione ai menù di tradizione e al prezzo”.
Bernardo Lapini
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