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In Sicilia confiscate alla criminalità organizzata 1.148 aziende (al 30 settembre), nate spesso da attività di estorsione e racket nei confronti degli imprenditori onesti: così Coldiretti sulla rivolta contro i soprusi degli imprenditori a Bagheria

In Sicilia sono state confiscate alla criminalità organizzata ben 1.148 aziende, nate spesso anche grazie alle attività di estorsione e racket nei confronti degli imprenditori onesti che sono stati costretti a lasciare l’attività. Lo afferma la Coldiretti in riferimento alla rivolta nei confronti dei soprusi degli imprenditori a Bagheria, sulla base dei dati dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata al 30 settembre 2015. In Sicilia si trova ben il 36% dei beni sequestrati e confiscati alla malavita che, sottolinea la Coldiretti, “ha trovato terreno fertile per investire nelle attività economiche indebolite dalla crisi”.
L’agroalimentare è un settore particolarmente colpito con il business dell’agromafia che ha raggiunto i 15,4 miliardi di euro nel 2014 secondo il rapporto elaborato da Coldiretti, Osservatorio sulla criminalità nell’agricoltura e sul sistema agroalimentare e Eurispes.
Attraverso furti di attrezzature e mezzi agricoli, abigeato, pizzo, imposizione di manodopera o di servizi di trasporto, guardiania alle aziende agricole o il racket si compromette, continua la Coldiretti, la libertà di impresa e la libera concorrenza nel settore con passaggi di proprietà, rincari anomali e distorsioni commerciali.
Con gli strumenti dell’estorsione e dell’intimidazione le attività criminali impongono la vendita di determinate marche e determinati prodotti agli esercizi commerciali, che a volte, approfittando della crisi economica, arrivano a rilevare direttamente. Non solo si appropriano di vasti comparti dell’agroalimentare e dei guadagni che ne derivano, distruggendo la concorrenza e il libero mercato legale e soffocando l’imprenditoria onesta, ma, conclude la Coldiretti, compromettono in modo gravissimo la qualità e la sicurezza dei prodotti, con l’effetto indiretto di minare profondamente l’immagine dei prodotti italiani ed il valore del marchio made in Italy.

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