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ALLARME IN VIGNA

“In Toscana ci sono cantine che hanno perso il 70% della produzione a causa della peronospora”

L’allarme Confcooperative Toscana. “Ma la qualità del vino non sarà minimamente intaccata: resterà buono come sempre”
CONFCOOPERATIVE, PERONOSPORA, TOSCANA, VIGNA, vino, Italia
I vigneti della Toscana, alla prova della peronospora

“In Toscana ci sono aziende agricole che hanno perso il 70% della produzione a causa della peronospora. Ma è anche importante sottolineare che la qualità del vino non sarà minimamente intaccata: resterà buono come sempre”. Parole del vicepresidente Confcooperative Toscana, Ritano Baragli, che fotografa così le conseguenze in Toscana, regione tra le più importanti del vino italiano, della malattia della vite che sta creando danni soprattutto nelle regioni del Centro-Sud. E che, in parte, contraddicono o amplificano quanto detto dai vertici dei principali Consorzi del vino della Regione, a WineNews, nella sua ricognizione a livello nazionale, che hanno dipinto una situazione complessa, ma con cali di quantità di uva, a livello generale, abbastanza contenuti, che vanno dal -10/-15% stimato da Consorzio del Chianti (che ha evidenziato difficoltà maggiori per chi fa biologico), alla stessa percentuale, -10/-15% ipotizzata dal Consorzio Chianti Classico, da un -5% indicato dal Consorzio del Brunello di Montalcino, ad un -20% ipotetico secondo il Consorzio del Bolgheri e Bolgheri Sassicaia, mentre quello del Vino Nobile di Montepulciano parla di “danni limitati ed ancora da quantificare, a macchia di leopardo, ed una situazione comunque in divenire”.
“Questo fungo ha fatto danni a tante aziende toscane - spiega Baragli - in molti vigneti i trattamenti non sono stati sufficientemente tempestivi, perché in maggio e i primi di giugno sono stati molto piovosi: era difficile entrare nei vigneti e molti agricoltori sono andati in difficoltà nel contrasto alla peronospora. E pensare che prima di maggio l’uva era meravigliosa. Il problema è la quantità, non la qualità: un conto è lavorare con 110.000 quintali di uve, un conto è averne 40.000 in meno. È evidente che i problemi ci sono, anche da un punto di vista economico: a causa della peronospora i costi di gestione sono enormemente aumentati, da quelli relativi ai trattamenti al carburante”, conclude Baragli.
Come sempre, le somme, si tireranno alla fine. Ma la possibilità che le stime “di massima” seguano la celebre logica del “pollo di Trilussa”, e non è peregrina l’eventualità che, in alcuni territori, alcune aziende e produttori rischino addirittura di non vendemmiare affatto, con tutte le gravissime conseguenze del caso per una cantina che si può ritrovare senza un anno di produzione.

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