Innovare in ambito produttivo e distributivo (tramite ad esempio la digitalizzazione), allearsi fra grandi e piccoli operatori per condividere il know-how, puntare sulla qualità dei prodotti e dedicarsi ai valori che legano le aziende ai loro consumatori. Questa è la principale evidenza emersa dall’Osservatorio Deloitte per il settore agroalimentare, organizzato oggi presso la Greenhouse Deloitte di Milano; punti chiave d’investimento che promettono un potenziale di crescita del fatturato di 15 miliardi di euro nel prossimo triennio, per un comparto che è costituito da 8.300 aziende che generano un fatturato aggregato di 125 miliardi di euro e che contano più di 340.000 dipendenti.
L’Osservatorio prende spunto dalla pubblicazione Deloitte recentemente presentata al Parlamento Europeo di Bruxelles “Il settore agroalimentare: l’innovazione nei paradigmi”, dedicata all’analisi degli ambiti in cui è necessario agire in termini innovativi per produrre crescita. Nello specifico, l’attenzione al consumatore può determinare una crescita del 22%-25% del fatturato per le aziende che hanno avviato politiche in questa direzione, la sinergia tra gli operatori favorisce un incremento di oltre il 36% di fatturato per le aziende che hanno avviato collaborazioni o riorganizzazioni strategiche, mentre la disponibilità di beni di qualità consente un aumento di oltre il 40% di fatturato per le aziende che sviluppano una puntuale comunicazione dei valori e sanno offrire i propri prodotti sui nuovi mercati.
“In un momento in cui il settore agroalimentare sta dando prova di forza e vitalità, per le aziende è tempo di cogliere le potenzialità prodotte dall’innovazione – ha dichiarato Eugenio Puddu, partner di Deloitte e referente Italia per il gruppo di lavoro Emea dedicato al settore agroalimentare - ma anche rinnovando l’attenzione nei confronti di un consumatore sempre più consapevole, informato e capace di apprezzare prodotti di qualità e rispettosi dell’ambiente”. Nel quinquennio 2012 - 2016 il fatturato del settore è aumentato del 22%. Tutte le diverse specializzazioni del comparto hanno riportato performance positive, in particolare quella dei prodotti dietetici (+56%), quella del tè e del caffè (+35%) e quella delle conserve (+41%). “Si tratta di un patrimonio industriale e culturale di primaria grandezza - ha affermato Paolo Gibello, senior partner Deloitte, autore della ricerca e coordinatore del gruppo di lavoro dedicato al Consumer Products - attorno al quale il Paese deve saper costruire una serie di iniziative che permettano il rafforzamento del settore e consentano alle aziende di migliorare ulteriormente la propria competitività”.
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