La sostenibilità al centro, tra cambiamenti climatici, biodiversità e sistemi agroalimentari: questi i punti fondamentali dell’International Forum on Food and Nutrition n. 10, firmato dalla Fondazione Barilla, di scena oggi al The Mall di Milano. Occasione, come sempre, di confronto e di sviluppo di soluzioni in cui istituzioni, organizzazioni internazionali, settore privato e società civile, ricercatori e scienziati si incontrano con la volontà di agire per vincere la sfida della sostenibilità, ormai al centro del discorso anche intorno ad alimentazione e agricoltura mondiale. Proprio i sistemi agroalimentari, tra danni irreversibili agli ecosistemi e spese crescenti per la sanità pubblica, dovuti soprattutto a malattie croniche riconducibili a modelli alimentari poco salutari, costano a livello globale 12 trilioni di dollari, una cifra anche difficilmente immaginabile, che supera di gran lunga i 10 trilioni di dollari di valore di mercato generato dai sistemi agroalimentari, creando un deficit di circa 2 trilioni di dollari. È la fotografia scattata dal report “Growing Better: Ten Critical Transitions to Transform Food and Land Use”, discusso proprio al Forum. “A solo 10 anni dal raggiungimento degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Agenda 2030 dell’ONU - ha spiegato Guido Barilla - l’urgenza di intervenire sugli attuali sistemi agroalimentari appare evidente, perché quell’idea di sviluppo e progresso, basata sulla convinzione che le risorse del pianeta fossero illimitate, non è più perseguibile. Serve guardare al cibo nella sua dimensione economica, sociale e ambientale, ponendo al centro dell’Agenda di sviluppo tutti gli attori interessati, dal settore privato ai cittadini, per gettare le basi verso un futuro inclusivo, duraturo e prospero”. Un approccio di questo tipo, secondo lo studio “Growing Better: Ten Critical Transitions to Transform Food and Land Use” presentato al Forum da Jeremy Oppenheim, Systemiq, darebbe anche benefici economici: un investimento nel processo di trasformazione dei sistemi agroalimentari, pari a 300-350 miliardi di dollari l’anno (meno dello 0,3% del PIL globale), genererebbe un ritorno di circa 5,7 trilioni di dollari - più di 15 volte il costo iniziale - creando nuove opportunità commerciali fino a 4,5 trilioni di dollari anno entro il 2030.
Ma l’attenzione è anche sul Belpaese, e il suo rapporto con l’agroalimentare: sul palco del Forum è stato presentato anche lo studio “L’Italia e il Cibo”, che propone un’analisi del sistema agroalimentare italiano rispetto al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile Onu (Sustainable Development Goals - SDGs). Partendo dalle evidenze del Food Sustainability Index (FSI), indice di Fondazione Barilla e The Economist Intelligence Unit, emerge un’immagine del nostro Paese a due velocità: l’Italia è al di sotto della media Ue per ciò che riguarda le sfide nutrizionali, a causa di una elevata presenza di persone sovrappeso e sedentarie, mentre appare un’eccellenza sul fronte dell’agricoltura, grazie all’avvio di numerosi progetti di ricerca e alla presenza di coperture assicurative legate al cambiamento climatico. Discorso a parte merita la lotta allo spreco di cibo: se da una parte lo spreco alimentare costa all’Italia oltre 15 miliardi di euro (circa l’1% del nostro Pil), sono innegabili gli sforzi delle istituzioni, dei settori pubblico e privato, nonché del mondo della ricerca per invertire questa tendenza.
Ma, come detto, al Forum non si espongono solo i problemi, ma si cercano soluzioni: a questo proposito, in aiuto arriva lo studio “Fixing the Business of Food. Il settore alimentare e gli obiettivi di sviluppo sostenibile”, firmato dalla Fondazione Barilla, la Sustainable Development Solutions Network (SDSN), il Columbia Center on Sustainable Investment (CCSI) e Santa Chiara Lab - Università di Siena, dal quale emergono le azioni da adottare per accelerare il processo di trasformazione del settore agroalimentare e arrivare a una gestione sostenibile del cibo, della terra, dell’acqua e degli oceani. Per raggiungere questo obiettivo, sarà necessario anche un cambiamento nelle pratiche aziendali e negli standard di monitoraggio e rendicontazione, che dovranno essere più armonizzati, sistematici e comparabili per raggiungere la sostenibilità utile a centrare gli SDGs, attraverso la formulazione di prodotti che contribuiscano a modelli alimentari sani e sostenibili, l’elaborazione di pratiche di produzione sostenibili, lacreazione di filiere globali sostenibili, l’operare come un “good corporate citizen”.
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