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STORIE DI CIOCCOLATO

Italia-Svizzera è “querelle del gianduiotto”: per ottenere l’Igp deve essere prodotto in Piemonte

La “coppia fondente” di food writer Clara e Gigi Padovani: “si deve all’invenzione del cioccolato gianduia e dell’industria dolciaria di Torino”

Da una parte c’è il comitato di artigiani e industriali del cioccolato, da Venchi a Ferrero, passando per Pastiglie Leone, presieduto dal Maestro del Gusto Guido Castagna, famoso alle platee televisive per le sue partecipazioni a “La Prova del Cuoco” e ad altre trasmissioni, che ha avviato le pratiche per il riconoscimento a Bruxelles del Gianduiotto di Torino Igp, dall’altra si colloca la svizzera Lindt (oltre 5 miliardi di euro di fatturato) che dal 1998 è proprietaria dello storico marchio Caffarel, con stabilimento a Luserna San Giovanni, a Torino, e che si oppone al rigido disciplinare che il comitato propone per ottenere l’approvazione della tutela europea: il Gianduiotto di Torino Igp deve essere prodotto in Piemonte, con tre soli ingredienti, ovvero la Nocciola Piemonte Igp, cacao, zucchero. In particolare, gli svizzeri, che il “chocolat au lait” lo hanno inventato, chiedono di poter aggiungere il latte in polvere e vogliono abbassare la percentuale di nocciole al 26%, aggiungendo dubbi sulla dizione “di Torino”. È la “querelle del gianduiotto” tra Italia e Svizzera, raccontata, a WineNews, da Clara e Gigi Padovani, la “coppia fondente” del food writing italiano, autori del loro ultimo volume “Storie di cioccolato a Torino e in Piemonte”, nel quale si trova la vera storia del più famoso cioccolatino italiano.
Chi ha ragione? Le norme sulle Indicazioni Geografiche Protette sono sempre complicate, l’iter per ottenere la tutela è lungo, e tra l’altro l’europarlamentare Paolo De Castro ha ottenuto il varo del nuovo regolamento più stringente per Igp e Dop, del quale è relatore, e che entrerà in vigore all’inizio del 2024. Leggendo il libro dei Padovani (Edizioni del Capricorno, pp. 180, prezzo di copertina 14 euro), la cui documentazione è basata su lunghe ricerche bibliografiche e negli archivi delle aziende, sui quotidiani e presso le Camere di Commercio, si scopre che la prima ricetta del gianduiotto nacque nel 1814: fu pubblicata nel libretto dal titolo “Piano teorico-pratico di sostituzione nazionale al cioccolato”, in cui l’autore Antonio Bazzarini consigliava gli artigiani dell’epoca di non spendere troppi soldi per il cacao, diventato costoso e introvabile, quando in realtà vi erano prodotti italiani che lo potevano sostituire, come “l’occidental nocciuola”. Era un surrogato in piena regola. L’aggiunta del nuovo ingrediente era stato il Blocco Continentale voluto da Napoleone Bonaparte, che fermò tutte le importazioni dalle Americhe verso l’Europa (Theobroma Cacao non era ancora coltivato in Africa, allora) impedendo così alla preziose fave messicane di arrivare in Piemonte. Invece le nocciole erano a portata di mano, sulle colline di Langa e Monferrato.
Grazie all’invenzione del cioccolato gianduia, che conquistò la nascente borghesia del Vecchio Continente, a Torino nacque l’industria dolciaria italiana. Gli artigiani elvetici, infatti, non avevano ancora inventato il fondente, mentre il cioccolato al latte - creazione del cioccolatiere Daniel Peter con il latte in polvere del farmacista e chimico Henry Nestlé - apparve sul mercato soltanto nel 1875, con il marchio “Gala Peter”. Se ne deduce che gli svizzeri devono rassegnarsi: nella ricetta originale del cioccolatino torinese non poteva esserci il latte.
Ma nel libro “Storie di cioccolato a Torino e in Piemonte” non si raccontano soltanto le origini del gianduiotto. Gli autori narrano la storia dei tanti “cioccolatai” che hanno dato vita a specialità ancora oggi molto richieste: dai pionieri ottocenteschi alla vicenda industriale del finanziere Riccardo Gualino e della Unica, dai cioccolatieri svizzeri scesi in Piemonte per imparare tecniche e segreti di lavorazione all’epopea della Ferrero, fino alla nascita recentissima di “Choco-Story Torino”, il nuovo Museo del Cioccolato in città, un’iniziativa privata, frutto della collaborazione tra l’imprenditore e collezionista belga Eddy Van Belle, produttore di ingredienti di qualità per pasticcerie e cioccolaterie, e il torinese Francesco Ciocatto, titolare del locale storico Pfatisch. Nei cui sotterranei vi erano macchinari del primo Novecento, ormai inutilizzati, che saranno esposti e messi in funzione a scopo dimostrativo nei locali dell’esposizione, in una una catena di altri “Choco Story”, già sorti a Bruges, Bruxelles, Parigi, Colmar, Praga, Beirut e in Messico.
Accanto alla descrizione delle specialità al cioccolato di origine piemontese, il libro è anche e soprattutto una “guida” illustrata ai cioccolatieri piemontesi antichi, moderni e contemporanei e ai loro prodotti, compresi quei locali torinesi dove si può gustare la migliore cioccolata in tazza. Una nuova piccola “Bibbia” per tutti i chocoholic, per chi vuole imparare a conoscere e gustare tutti i segreti del cioccolato in Piemonte a Torino, la “capitale” del cioccolato in Italia.

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