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ITALIANI CAMPIONI DI SPRECO. PER “WORLD WATER DAY” GLI AGRICOLTORI RIBADISCONO L’ESIGENZA DI UN USO PIU’ RAZIONALE DI ACQUA. INDISPENSABILE LA MODERNIZZAZIONE DELLE INFRASTRUTTURE PER SALVAGUARDARE IL TERRITORIO DAL RISCHIO DI ALLUVIONI

L’attuale rete idrica italiana è un vero e proprio colabrodo, soprattutto nel Mezzogiorno. Siamo, purtroppo, campioni nello spreco. Ma campioni assetati: visto che sono 8,5 milioni gli italiani che vivono in zone ove l’acqua ha difficoltà ad essere erogata con continuità. Per la fatiscenza delle nostre infrastrutture, su 383 litri di acqua erogati mediamente per ogni cittadino, solo 278 litri, arrivano realmente a destinazione. Poco meno di un terzo delle risorse va perduto. Da qui le proposte per istituire un’Autorità unica delle acque, per modernizzare la rete idrica, per riformare i Consorzi di bonifica, per promuovere la ricerca sulle tecniche di irrigazione, sulle pratiche agronomiche e su nuove varietà adatte alla scarsità d’acqua. Lo sottolinea la Cia-Confederazione Italiana Agricoltori per la Giornata Mondiale dell’Acqua (World Water Day) che si celebra oggi.

Sul fronte della depurazione le cose non vanno meglio: “oltre un terzo dell’acqua consumata - rileva la Cia - non viene depurata e quasi un quarto non è nemmeno allacciata alla rete fognaria. I primi a risentire di questo grave deficit depurativo sono i corsi d’acqua. Non solo. La cattiva gestione del territorio e delle aree urbanizzate rende “fragile” il nostro Paese, con rilevanti danni prodotti da alluvioni e inondazioni, come, purtroppo, si è potuto tristemente constatare in questi ultimi anni. Attualmente in Italia 6.689 aree risultano a rischio frana, 446 a rischio alluvione e 37 a rischio valanga, per un totale di 9.172 aree a rischio idrogeologico (2.220 i comuni coinvolti).

I mutamenti climatici in atto e la scarsa attenzione all’uso razionale delle risorse idriche disponibili determinano così situazioni di diffusa emergenza in tema di scarsa disponibilità di acqua a uso irriguo. Per questo motivo, la Cia evidenzia l’esigenza di una gestione innovativa delle risorse idriche a livello amministrativo, di investimenti aziendali nei nuovi sistemi di irrigazione, di sostegno alla ricerca per la diffusione di coltivazioni agricole meno idroesigenti. Insomma, bisogna uscire dalla logica di emergenza, per avviare organiche politiche di natura strutturale.

L’agricoltura - afferma la Cia - intende fare la propria parte, sostenendo che servono una programmazione dell’impiego dell’acqua, il coordinamento dell’uso con gli altri settori, l’ottimizzazione dell’utilizzo idrico e politiche di ambito e di bacino. Ridurre la vulnerabilità delle risorse idriche e lavorare nelle strategie di adattamenti nel settore agricolo significa - conclude la Cia - razionalizzare, integrare e rendere efficienti i diversi usi dell’“oro blu”, cioè quelli che interessano l’agricoltura, l’industria, l’energia e la popolazione e questo richiede il contributo del più ampio arco di forze.

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