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L’accordo tra Ue e Cina per la tutela reciproca di 200 Dop e Igp ha di fronte un ostacolo: la coesistenza tra prodotti analoghi. Baldrighi (Aicig) a WineNews: “questione di principio, creerebbe un precedente pericoloso, ma l’accordo si farà”

L’accordo tra Ue e Cina per la tutela reciproca di 200 (100 per parte) prodotti Dop e Igp, intavolato a giugno ed in via di definizione entro dicembre, ha di fronte a sé un ostacolo non da poco. Nel corso dell’undicesimo round di colloqui, la Cina avrebbe infatti vincolato il riconoscimento delle Igp europee alla coesistenza con propri prodotti analoghi, rifiutandosi di discutere la cancellazione di 25 marchi (tra cui l’aceto balsamico, ma anche vini francesi e prodotti greci, ndr) del tutto simili, per non dire palesemente copiati, agli originali europei. Da qui la frenata, con 8 Paesi che, come singoli Stati e non come Ue, hanno deciso di portare avanti una causa legale congiunta, nata dall’iniziativa del Ministero dell’Agricoltura della Grecia, sostenuto da Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Germania, Ungheria e Romania.

Situazione complicata, su cui WineNews ha raccolto il punto di vista di Cesare Baldrighi, a capo del Consorzio del Grana Padano e, soprattutto, dell’Aicig - Associazione Italiana Consorzi Indicazioni Geografiche, che riunisce le produzioni più rappresentative di tutto il Belpaese. “Faccio una considerazione di carattere generale: accordi di questo genere, che hanno l’obiettivo di sbloccare degli ostacoli di natura commerciale vanno sempre interpretati in modo positivo. Però - dice Baldrighi - bisogna fare delle valutazioni. Molto spesso le nostre difficoltà ad arrivare sui mercati più lontani sono dettati non soltanto da aspetti di carattere logistico e commerciale, ma molto spesso da ostacoli di carattere normativo artificiosamente frapposti. Questo per dire che gli accordi bilaterali sono senz’altro un elemento che facilita ed allarga gli orizzonti per le produzioni di origine protetta. Nel caso della Cina, evidentemente, la questione è piuttosto delicata. Ci sono due elementi che fanno riflettere: il primo è che a fronte di un riconoscimento della Cina di circa 200 prodotti che arrivano dalla Ue, ha proposto la tutela di un centinaio di prodotti cinesi in Europa. E questo - spiega il presidente Aicig - spiega come la sua disponibilità alla registrazione dei marchi a denominazione di origine protetta sia un po’ strumentale”.

“Il discorso della coesistenza, invece, va valutato in virtù dei tempi che hanno preceduto questa trattativa. Abbiamo vissuto una situazione analoga con gli accordi bilaterali che sono stati stipulati con il Canada, con l’Unione Europea che ha accettato il principio della coesistenza su alcuni marchi che però venivano attivamente gestiti in quel Paese da decenni, cosa che non si può dire del mercato cinese. Il tema della coesistenza, in questo caso, è molto più delicato. Una volta che passa il principio - mette in guardia Baldrighi - diventa difficile respingerlo qualora ci fossero delle registrazioni successive. La materia, al di là dell’analisi e della posizione dei singoli prodotti, è di carattere generale: si può anche accettare un principio di coesistenza, sappiamo che in Canada il marchio del Prosciutto di Parma è stato gestito da un’azienda privata per più di 50 anni, in maniera attiva, ossia con un’importante attività commerciale, e quindi degli argomenti, magari non condivisibili ma c’erano. Ho l’impressione che la coesistenza con delle registrazioni fatte in Cina dei marchi italiani sia una coesistenza molto strumentale, recente e con un volume di affari modesto, per cui accettare questo tipo di criterio diventa difficile”.
Del resto, l’accordo tra Cina ed Unione Europea non appare in pericolo, e per l’Italia avrebbe un valore enorme, almeno potenzialmente. “Oggi, il volume di affari verso la Cina è piuttosto modesto, però è evidente che bisogna guardare a quelle che sono le prospettive e tenere in considerazione il fatto che il made in Italy nell’agroalimentare sta avendo un successo ed una fama sempre crescente, e questo tipo di decisioni sono le premesse per ciò che si potrà sviluppare in futuro. Al di là del volume di affari di oggi - conclude il presidente Aicig - bisogna guardare all’accordo in prospettiva. Una volta che avremo reso più semplici gli aspetti normativi spetterà ai singoli operatori essere abbastanza abili e dinamici da arrivare su quel mercato con i loro prodotti. Come sempre, la partita si gioca da un punto di vista commerciale. La possibilità di crescita, per le Dop principali, che rappresentano la maggior parte dell’export trascinandosi dietro l’intero comparto, ci sono, non sarà un problema rispondere ad un’eventuale boom della domanda”.

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