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L’agricoltura italiana in ginocchio per caldo e siccità: 4 Regioni su 20 hanno chiesto lo stato di emergenza, le riserve idriche hanno i giorni contati e Coldiretti stima 1 milioni di euro di danni alla produzione. Urgono interventi strutturali

Nel campi coltivati lungo tutta la Penisola gli agricoltori e allevatori stanno facendo i conti con il grande caldo. Se Sardegna, Emilia Romagna, Toscana e Veneto hanno richiesto addirittura al Governo lo stato di emergenza la situazione è comunque preoccupante per tutto il resto dello Stivale: dal Piemonte alla Lombardia alla Liguria, dalla Toscana al Lazio, dall’Umbria alla Calabria, dalla Campania alla Puglia, dalla Basilicata, dal Friuli alla Sicilia. Lo afferma la Coldiretti, ricordando come ovunque i contadini stiano già ricorrendo all’irrigazione di soccorso per salvare le produzioni: dagli ortaggi alla frutta, dai cereali al pomodoro, ma anche i vigneti e il fieno per l’alimentazione degli animali. Ma il danno stimato si aggira ormai attorno ad 1 miliardo di euro.
Il livello del fiume Po a Piacenza è inferiore di oltre 1,5 metri a quello dello stesso periodo dello scorso anno, ma più che l’abbassamento del livello dei fiumi preoccupa quello delle falde di 2 metri in meno rispetto al passato. La portata dei fiumi è disciplinata dalla legge e attualmente si parla di garantire un minimo di flusso vitale individuato nel parametro di 10 metri cubi al secondo, anche perché i bacini di montagna non hanno incamerato acqua a sufficienza a causa della scarsità di neve durante l’inverno. Il contesto della Pianura Padana è una realtà rappresentativa della crisi idrica del Paese dove la Coldiretti stima danni per quasi un miliardo di euro in agricoltura.
La siccità ha colpito la food valley italiana mettendo in pericolo l’agricoltura ed il suo indotto dal quale dipendono centinaia di migliaia di posti di lavoro: sono in forte crisi soprattutto la coltivazione dei pomodori, che riforniscono le grandi industrie conserviere, e le coltivazioni di grano. Tra la provincia di Parma e quella di Piacenza si coltiva 1/4 del pomodoro da conserva Made in Italy duramente colpito dalla siccità, ma a soffrire è l’intero bacino idrografico del Po dal quale dipende il 35% della produzione agricola nazionale. Tra le prime ordinanze e la scarsa risorsa idrica si bagna la soia, il mais, barbabietola, tabacco oltre a tutte le orticole, comprese le frutticole già in emergenza.
Ma si bagnano anche i prati stabili, un’anomalia di stagione, che però dà il polso della situazione: le province sotto assedio sono infatti quelle dove sono concentrati allevamenti di Parmigiano Reggiano e allevamenti di maiali e dove l’acqua è indispensabile per coltivare granturco e foraggio per nutrire più di 650.000 bovini, che producono latte per i principali formaggi Dop italiani, e 1,5 milioni di maiali, che forniscono le cosce per prosciutti Dop d Parma e di Modena e carne per salumi Dop come il Culatello di Zibello.
Nel frattempo in Sardegna è scoppiata la prima protesta di pastori e agricoltori in ginocchio per la siccità: dopo 4 mesi di calo delle precipitazioni (marzo -73%, aprile -71%, maggio -95% e giugno -40%) e temperature superiori alla media, il risultato è la perdita del 40% delle produzioni agricole con la dichiarazione dello stato di emergenza per l’Isola. 1500 contadini e allevatori esasperati da una situazione insostenibile, denunciano così una realtà drammatica con coltivazioni distrutte e difficoltà ad alimentare gli animali e chiedono interventi urgenti per garantire la sopravvivenza delle aziende messa a rischio anche dai prezzi troppo bassi pagati in campagna.
Lungo tutta l’Italia gli agricoltori sono già impegnati a fare la propria parte per promuovere l’uso razionale dell’acqua, lo sviluppo di sistemi di irrigazione a basso impatto e l’innovazione con colture meno idro-esigenti, ma di fronte alla tropicalizzazione del clima se vogliamo continuare a mantenere in vita i sistemi agricoli vitali per la sopravvivenza del territorio, per non parlare dell’agricoltura di qualità, dobbiamo organizzarci per raccogliere l’acqua nei periodi più piovosi con interventi strutturali che non possono essere più rimandati. Occorrono interventi di manutenzione, risparmio, recupero e riciclaggio delle acque con le opere infrastrutturali, creando bacini aziendali e utilizzando le ex cave e le casse di espansione dei fiumi per raccogliere acqua. Tanto, insomma, rimane ancora da fare, anche da parte dei consumatori che possono influenzare con le loro abitudini nuovi stili di vita ricorrendo agli acquisti mirati di frutta e verdura di stagione.

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