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L’AGROALIMENTARE ITALIANO RESISTE ALLA CRISI GRAZIE ALLE OTTIME PERFORMANCE ALL’ESTERO (DOVE IL GIRO D’AFFARI TOCCA I 25 MILIARDI DI EURO), MA SUI MERCATI PIÙ PROMETTENTI (RUSSIA E BRASILE) DAZI E REGOLE FERREE NE LIMITANO LE POSSIBILITÀ

L’agroalimentare italiano all’estero continua a volare, e le esportazioni si rivelano il volano migliore per un settore che, se si affidasse solo al mercato interno, sarebbe sull’orlo del baratro, come tanti altri comparti nel Belpaese. Il fatturato dell’export 2011, come rivelano i dati di Federalimentare, ha toccato quota 25 miliardi di euro, ma non mancano certo i problemi. Specie nei Paesi in cui le possibilità sono maggiori - Brasile, Russia, India e Cina - gli ostacoli da superare, sotto forma di dazi e barriere doganali, sono più alti: “per smantellare le resistenze in queste realtà, dove le barriere sanitarie penalizzano fortemente il made in Italy alimentare, dobbiamo essere in grado di presentarci come sistema Paese.
Questo - spiega Luigi Scordamaglia, consigliere Federalimentare e membro del cda Ice - sarà possibile grazie anche alla nuova Ice e agli input che il Governo ha trasmesso alle diverse amministrazioni dedicate all’internazionalizzazione”. Anche perché, proprio dall’abbattimento delle barriere doganali, e dalla riduzione dei dazi, la crescita dell’export potrebbe addirittura raddoppiare, e raggiungere indici di crescita dell’ordine dei 2 miliardi di euro all’anno, toccando così i 60 miliardi di valore complessivo nel 2020. Partendo dal mercato russo, che si presenta come il più attraente per almeno tre motivi: la prossimità geografica, la crescita economica costante e il recente ingresso nel Wto.
Ma anche qui non mancano i problemi, ed i primi 3 mesi del 2012 segnano un preoccupante -2,8%, figlio della caduta verticale dell’esportazione di vino che, a seguito di problemi doganali di natura extradaziaria, si è quasi dimezzata, toccando quota 18,5 milioni di euro con un calo in valuta del 48,2% sul primo trimestre 2011.
Ed il vino incontra ostacoli anche in Brasile, dove le bottiglie devono arrecare un apposito bollo anticontraffazione, mentre al momento dell’importazione possono essere prelevati campioni da ogni partita per effettuare analisi di controllo. Ma, più in generale, come spiega il presidente di Federalimentare Filippo Ferrua, “il protezionismo nei nuovi mercati è particolarmente deciso nei confronti del made in Italy alimentare, con i dazi medi che in India sono del 35% ed in Cina del 17%”.

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