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L’Europa stoppa il glifosato: una risoluzione (non vincolante) del Parlamento Ue chiede il divieto assoluto all’utilizzo dell’erbicida dal 2022, domani è atteso il voto degli Stati membri. Focus: l’esposizione al glifosato cresce del 500% in 23 anni

L’Europa stoppa il glifosato, l’erbicida da anni al centro dell’attenzione mediatica per la presunta tossicità e cancerogenicità, ma il divieto ancora non c’è, e lo scontro tra l’Agenzia per i tumori dell’Onu e le agenzie dell’Ue per la sicurezza alimentare e per i prodotti chimici, arrivate a conclusioni assai diverse, continua. Il Parlamento Ue, comunque, chiede il divieto assoluto dal 2022, mentre domani toccherà agli Stati membri votare la proposta della Commissione per rinnovare l’autorizzazione, per la quale serve il voto di 18 Stati su 25, con Francia, Italia ed Austria che hanno anticipato da settimane il loro no.
Il Parlamento Europeo ha chiesto oggi il divieto totale, entro dicembre 2022, degli erbicidi a base di glifosato e restrizioni immediate sull’uso della sostanza, con una risoluzione non vincolante.
L’assemblea di Strasburgo, si legge in una nota, si è così opposta alla proposta della Commissione di rinnovare per dieci anni la licenza del controverso erbicida. Per i deputati, l’Unione dovrebbe innanzitutto eliminare la sostanza partendo con un divieto per l’uso domestico e un divieto per quello agricolo non appena saranno a disposizione alternative biologiche (ad esempio, i sistemi di difesa integrata) sufficienti per il controllo delle erbe infestanti. L’obiettivo finale deve essere un divieto totale nell’Ue entro il 15 dicembre 2022, con le necessarie restrizioni intermedie.
Il processo comunitario di valutazione dei rischi, da effettuare prima di rinnovare la licenza della sostanza, desta preoccupazione, perché l’Agenzia per i tumori dell’Onu e le agenzie dell’Ue per la sicurezza alimentare e per i prodotti chimici sono arrivate a conclusioni divergenti per quanto
riguarda la sua sicurezza.
Per i deputati, inoltre, i documenti interni della Monsanto (azienda proprietaria e produttrice del Roundup, di cui il glifosato è la principale sostanza attiva) che sono stati resi pubblici, hanno fatto sorgere dubbi in merito alla credibilità di alcuni studi utilizzati dall’Ue ai fini della valutazione della sicurezza del glifosato.
La procedura di autorizzazione comunitaria, inclusa la valutazione scientifica delle sostanze, dovrebbe basarsi unicamente su studi soggetti a revisione paritetica e su studi indipendenti pubblicati e commissionati dalle autorità pubbliche competenti. Le agenzie dell’Ue dovrebbero essere dotate di risorse sufficienti per consentire loro di lavorare in questo modo. La risoluzione non vincolante è stata approvata con 355 voti favorevoli, 204 voti contrari e 111 astensioni.
Domani saranno gli stati membri dell’Ue a votare la proposta della Commissione per rinnovare l’autorizzazione all’immissione in commercio di glifosato. Il voto dovrà assicurare una maggioranza qualificata, cioè 16 stati su 28 rappresentanti almeno il 65% della popolazione dell’Unione europea. Francia, Italia e Austria hanno anticipato il voto contrario. In teoria, la commissione, se non si trova una maggioranza qualificata, può rinnovare l’approvazione dell’erbicida, ma nel luglio scorso ha annunciato che non lo farà. Inoltre, un’iniziativa cittadina europea, che chiede un divieto dell’erbicida, ha raggiunto più di un milione di firme in meno di un anno e sarà quindi discussa durante un’audizione pubblica in Parlamento nel mese di novembre.
In Italia, come ricorda la Coldiretti, è già in vigore il divieto di uso del glifosato nelle aree frequentate dalla popolazione o da “gruppi vulnerabili”, come parchi, giardini, campi sportivi e zone ricreative, aree gioco per bambini, cortili ed aree verdi interne a complessi scolastici e strutture sanitarie, ma vige anche il divieto d’uso in campagna in pre-raccolta “al solo scopo di ottimizzare il raccolto o la trebbiatura, per effetto del decreto del Ministero della Salute in vigore dal 22 agosto del 2016. Inoltre, ricorda ancora la Coldiretti, in attesa della decisione definitiva è “necessario che le misure precauzionali introdotte a livello nazionale riguardino coerentemente anche l’ingresso in Italia di prodotti stranieri trattati con modalità analoghe come il grano proveniente dal Canada dove viene fatto un uso intensivo di glifosato proprio nella fase di preraccolta”.

Focus - Il glifosato nel mirino della scienza: l’esposizione cresce del 500% in 23 anni
L’esposizione dell’uomo all’erbicida glifosato è aumentata del 500% circa in 23 anni, a partire dall’introduzione delle coltivazioni Ogm negli Usa. Lo rileva una ricerca pubblicata su “Jama”, proprio nel giorno in cui l’Europarlamento ha detto sì a una Risoluzione che invita la Commissione Ue a non rinnovare l’autorizzazione all’uso del controverso diserbante, per il quale sono stati ipotizzati possibili effetti negativi sulla salute. Mentre domani è prevista una nuova riunione del Comitato Paff, occasione in cui i Paesi membri dovrebbero votare sul tema con l’Italia che - come ha recentemente assicurato il ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, incontrando alcuni attivisti di Greenpeace - ha intenzione di dire no all’utilizzo della sostanza. Nel lavoro che appare sulla rivista dell’American Medical Association, Paul J. Mills e colleghi dell’università della California di San Diego hanno analizzato i livelli di glifosato e del suo metabolita Ampa (acido aminometilfosfonico) nei campioni di urina di 100 cittadini del Sud della California, membri di una comunità che aveva partecipato allo studio prospettico Rbs sull’invecchiamento sano (Rancho Bernardo Study of Healthy Aging).

“I dati - spiega Mills - hanno confrontato l’escrezione del glifosato e del suo metabolita in un arco di tempo di 23 anni a partire dal 1993, appena prima dell’avvio delle colture geneticamente modificate negli Stati Uniti” nel 1994. “Quello che abbiamo osservato - riassume lo scienziato - è che prima dell’introduzione degli alimenti Ogm pochissime persone presentavano livelli misurabili di glifosato, mentre nel 2016 li presentava il 70% della coorte esaminata”. Più precisamente, dal periodo 1993-1996 al 2014-2016 il livello medio di glifosato nelle urine analizzate era passato da 0,203 microgrammi/litro a 0,449, e quello di Ampa da 0,168 microgrammi/litro a 0,401. L’uso del glifosato, ingrediente attivo dell’erbicida Roundup della Monsanto - evidenziano i ricercatori - è cresciuto di 15 volte dal 1994, quando sono state introdotte coltivazioni geneticamente modificate “Roundup Ready”, resistenti al glifosato, sempre targate Monsanto. “Storicamente il diserbante viene impiegato su soia e mais Ogm, ma viene anche spruzzato su una parte sostanziale di grano e avena coltivati negli Usa”, sottolinea Mills.
“La nostra esposizione a questi prodotti chimici è aumentata significativamente nel corso degli anni - aggiunge - tuttavia la maggioranza delle persone non è consapevole di assumerli attraverso la dieta”.
Ma il glifosato fa male alla salute oppure no? Gli studiosi ricordano che in luglio la sostanza è stata classificata dalla California come “cancerogeno”, pur osservando che “ci sono pochi studi sugli effetti del glifosato sull’uomo”. D’altra parte, puntualizza Mills, “ricerche condotte sugli animali dimostrano che l’esposizione cronica agli erbicidi a base di glifosato può avere effetti negativi”. A preoccupare gli autori, in particolare, sono lavori in cui “alimentare gli animali con dosi ultra-basse di glifosato ha determinato disturbi al fegato simili alla malattia epatica non alcolica negli esseri umani”.
Ecco perché, esorta Mills, “c’è urgenza di condurre studi per esaminare approfonditamente l’impatto sulla salute umana di questa crescente esposizione al glifosato attraverso il cibo”. Proprio con questo obiettivo l’Università della California di San Diego ha lanciato il programma di ricerca “Herbicide Awareness & Research Project”, che permette alle persone di misurare la propria esposizione al glifosato. Gli scienziati vogliono inoltre continuare a indagare sui dati dello studio Rbs, per analizzare possibili associazioni fra l’esposizione alla sostanza ed eventi clinicamente rilevanti. “Le persone - conclude Mills - hanno bisogno di una migliore informazioni sui rischi potenziali dei numerosi erbicidi spruzzati sui nostri alimenti, così da poter prendere decisioni consapevoli sull’eventuale opportunità di ridurre o eliminare l’esposizione a composti potenzialmente pericolosi”.
Al di là degli aspetti puramente scientifici, poi, c’è da registrare un atteggiamento di chiusura totale, da parte dei cittadini europei, nei confronti dell’utilizzo del glifosato. Da un sondaggio a campione finanziato dalle organizzazioni SumOfUs e WeMove.EU, effettuato su 5.000 cittadini in cinque Stati europei, tra cui l’Italia, emerge infatti che una schiacciante maggioranza di cittadini europei è a favore di un divieto immediato del glifosato. “L’80% dei tedeschi, il 79% dei francesi, l’84% degli italiani, il 77% dei portoghesi e l’81% dei cittadini greci sono fermamente contrari all’uso del glifosato e a favore di un divieto immediato”, si legge in una nota delle Ong.

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