“L’innovazione digitale può favorire l’export e aprire nuovi mercati ma è ancora poco utilizzata per ostacoli logistici, normativi, commerciali, nella comunicazione e nei pagamenti. La conferma arriva dai numeri: l’export italiano che passa attraverso canali digitali vale 6 miliardi di euro e rappresenta ancora una quota marginale, di poco superiore al 4%, delle esportazioni totali di beni di consumo. La maggior parte del fatturato dell’export online è riconducibile ai grandi retailer online, seguiti dai marketplace (come eBay) e dai siti di vendite private. Il settore più esportato attraverso canali digitali è il Fashion, che pesa per oltre il 65% delle vendite online oltreconfine, mentre gli altri comparti tipici del made in Italy, ossia food e design, hanno un’incidenza più contenuta con circa il 15% ciascuno. E i principali mercati di sbocco restano quelli occidentali (Europa e Usa) con l’aggiunta di Giappone e Russia, mentre sono poco presidiati Cina e Sud America”. Ecco i risultati più importanti della ricerca dell’Osservatorio export della School of Management del Politecnico di Milano.
“L’export è un’attività consolidata per le aziende del food e del fashion (rispettivamente il 12% e il 7% del totale delle esportazioni, secondi solo al settore dei macchinari e apparecchi meccanici) che si basa però prevalentemente su canali tradizionali e ancora poco sull’e-commerce, principalmente a causa di un utilizzo non corretto dei canali commerciali online, della mancata comprensione dei vincoli legali e delle inadeguate strategie di comunicazione - si legge nella ricerca che ha esaminato 110 aziende dei due settori - l’80% delle aziende, inoltre, è costituita da esportatori abituali che destinano ai mercati esteri una quota significativa del fatturato, in media il 46%. Ma la metà delle aziende (48%) utilizza esclusivamente canali offline, solo l’1% esporta tramite una strategia online pura, mentre il 28% varia la propria strategia a seconda del Paese di destinazione e il 23% persegue costantemente una strategia multicanale. Le principali barriere all’e-commerce oltreconfine - secondo il Politecnico di Milano - sono l’incapacità di usare adeguatamente i canali commerciali online (45%), le difficoltà legate alla comunicazione (16%) e le complessità di natura legale (16%). Una parte delle aziende, il 13%, è invece frenata da caratteristiche del prodotto (ad esempio la necessità della temperatura controllata per i prodotti freschi). Ben il 70% delle aziende che non utilizza l’online desidera iniziare e identifica negli Stati Uniti, i Paesi europei e la Cina le destinazioni più appetibili. Il 58% delle imprese ritiene utile il supporto di aziende locali (con cui attivare una partnership) e/o di intermediari commerciali qualificati, Il 53%, infine, pensa che le piattaforme di eCommerce siano un importante abilitatore dell’export, ma che e non siano adeguate e sufficientemente numerose”.
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