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“L’obbligo del vuoto a rendere in bar e ristoranti, in discussione in Parlamento, preoccupa non poco gli esercenti. Per tutelare l’ambiente basterebbe organizzare una raccolta differenziata efficiente”. Così Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe

“L’obbligo del vuoto a rendere in bar e ristoranti preoccupa non poco gli esercenti. Il collegato, in discussione in Parlamento, introduce, infatti, il sistema del vuoto a rendere su cauzione per gli imballaggi in vetro da usare per la somministrazione di birra e acqua minerale. Questo sistema porta l’esercente ad anticipare il costo della cauzione che graverebbe ulteriormente sui conti delle imprese già tanto a rischio; inoltre, la resa del vetro implica uno stoccaggio dei vuoti a rendere con annessi problemi di gestione e spazio. Ci auguriamo che questi aspetti possano essere corretti. Per tutelare davvero l’ambiente basterebbe organizzare per bene una raccolta differenziata seria, accurata ed efficiente”. Così Lino Enrico Stoppani, presidente Fipe - Confcommercio.
Fipe ha evitato, comunque, che si creasse una situazione a dir poco paradossale nel commercio di bevande. Infatti, se la Federazione Italiana Pubblici Esercizi aderente a Confcommercio-Imprese per l’Italia non fosse tempestivamente intervenuta su questo provvedimento, gli esercenti sarebbero stati obbligati a vendere per asporto ai loro clienti acqua e birra solo se contenuti in recipienti di vetro e con cauzione. Tale obbligo non avrebbe però riguardato altre tipologie di bevande, né tantomeno i punti vendita diversi dai pubblici esercizi come tabaccai, pizzerie a taglio, kebab, panetterie o supermercati e discount. Secondo il centro studi Fipe, il 60% del consumo di birra avviene all’interno del canale domestico e dei 12 miliardi di litri di acqua minerale consumati dagli italiani, soltanto due riguardano la rete dei pubblici esercizi.
“In nome della tutela ambientale e della green economy, principi assolutamente sacrosanti che condividiamo - conclude Stoppani - si sarebbe creata una situazione paradossale e ci sarebbe stata la ghettizzazione dei pubblici esercizi a tutto vantaggio di altri canali di acquisto. Dobbiamo dare atto al relatore al disegno di legge in commissione Ambiente, Onorevole Bratti, di aver recepito le argomentazioni di Fipe e di aver conseguentemente modificato l’emendamento nel senso auspicato. Si pensi al paradosso di vietare la vendita della sola acqua e birra in un contenitore di plastica o alluminio e di consentirla invece per un’altra bevanda. Equivale a dire che ad inquinare è soltanto la bottiglia di plastica dell’acqua o di alluminio per la birra e non quella che contiene un’altra bibita. Altrettanto paradossale sarebbe stata la discriminazione del punto vendita: la bottiglietta di plastica dell’acqua venduta dal bar è inquinante e, come per magia, non è più inquinante se la stessa bottiglietta è venduta in una pizzeria a taglio”.

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