A pagare un conto salato per la Brexit sono per ora le esportazioni in Gran Bretagna di olio di oliva Made in Italy, che con l’esito del referendum sono crollate con una riduzione record del 13%, dopo essere aumentate del 6% nella prima metà del 2016. È quanto emerge dall’analisi divulgata dalla Coldiretti su dati Istat relativi ai primi undici mesi del 2016, in occasione delle dichiarazioni del presidente della Commissione Europea Jean-Claude Juncker sull’uscita del Regno Unito.
A pesare sugli acquisti di olio di oliva italiano, che nel 2015 ha fatto segnare un valore delle esportazioni di 57 milioni di euro, è stato sicuramente il rapporto di cambio sfavorevole della sterlina che ne ha reso più oneroso l’acquisto da parte degli inglesi, facendoli ripiegare su olii alternativi come quello di girasole.
Complice è anche - continua la Coldiretti - il sistema di etichettatura a semaforo che la Gran Bretagna ha deciso di far adottare al 98% dei supermercati inglesi e sul quale l’Unione Europea si appresta a chiudere, senza conseguenze, la procedura di infrazione alla luce della nuova situazione. L’obiettivo del semaforo è quello di diminuire il consumo di grassi, sali e zuccheri, che però, non basandosi sulle quantità effettivamente consumate ma solo sulla generica presenza di un certo tipo di sostanze, finisce per escludere paradossalmente dalla dieta alimenti come l’olio extravergine ,d’oliva. E promuovere, al contrario, le bevande gassate senza zucchero, fuorviando i consumatori rispetto al reale valore nutrizionale.
Una delle preoccupazioni dell’uscita dall’Unione Europea della Gran Bretagna è proprio legata all’eventualità che si moltiplichino le normative tecniche che potrebbero ostacolare la libera circolazione delle merci. In gioco per l’agroalimentare Made in Italy ci sono - sottolinea la Coldiretti - 3,2 miliardi di valore delle esportazioni raggiunto del 2016 tra bevande e alimenti.
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