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“L’olio è in pericolo perché le leggi italiane non lo tutelano. Nella ristorazione mi fa rabbia vederlo svilito”. A lanciare l’allarme, Annie Féolde, signora della cucina dell’Enoteca Pinchiorri di Firenze. “Legge può stimolare educazione alimentare”

Non Solo Vino
Annie Féolde, la signora della cucina dell’Enoteca Pinchiorri di Firenze

“L’olio extravergine è ancora in pericolo perché le leggi italiane non lo tutelano. E anche nella ristorazione mi fa rabbia vederlo in altri locali svilito”. A lanciare l’allarme per l’oro verde” made in Italy è la chef Annie Féolde, la signora della cucina dell’“Enoteca Pinchiorri” di Firenze, nel Gourmet Festival promosso da Relais & Châteaux con 43 cene a quattro mani in 24 ristoranti, di scena il 24 aprile a Il Pagliaccio a Roma. “Bisogna far assaggiare tanti oli, far vedere le etichette e avere un carrello degli oli, tanto più ora che in Italia sono stati fatti molti progressi per la qualità olivicola, e ci sono le monocultivar. Chi è in sala deve saper raccontare il prodotto, e tutto quello che c’è attorno all’olio, in termini di tutela del paesaggio, di gusto e di tradizione produttiva”.
“Recentemente il sindaco di Firenze Dario Nardella - ha raccontato la chef nizzarda ma toscana d’adozione - aveva proposto l’obbligo di utilizzo per il 70% di prodotti locali. Abbiamo spiegato quel che serve a una realtà come la nostra Enoteca che ha 45 dipendenti, dei quali 20 in cucina, e ha recentemente aperto a Dubai, oltre che a Nagoya in Giappone. Con Nardella ci siamo capiti, l’obbligo avrebbe reso impossibile l’attività di ristorazione, ed è stato chiuso il malinteso. Una legge può stimolare l’educazione alimentare, e su questo ho fiducia. Non può tuttavia imporre limiti - conclude Féolde - e io non voglio morire di cinta senese se posso scegliere la mora romagnola, una carne più costosa ma ne vale la pena”.
L’extravergine è una costante anche nella cucina di Anthony Genovese, unico due stelle Michelin della capitale, sia nelle espressioni più vicine all’esperienza lavorativa a Tokyo agli esordi proprio come allievo di Annie Féolde, come il fegato grasso al miso, ricciola e mela, sia nei piatti più di tradizione italiana con gli spaghetti di grano arso, ricci e lumachine di mare. Insieme all’impegno di valorizzazione di altri due patrimoni nazionali, il vino con una cantina ricca di rarità enologiche e le acque minerali, con tanto di idrosommelier in sala. Da qui l’appello dei due chef pluristellati, in linea col Manifesto associativo, a “preservare le tradizioni culinarie di tutto il mondo” a “instaurare un dialogo con i protagonisti della filiera agricola e produttiva anche al fine di proteggere la biodiversità”. Il tutto in linea con le esigenze del fare impresa.

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