La biodiversità animale è a rischio e l’uomo ha le sue responsabilità. Dal 1970 le popolazioni di mammiferi, uccelli, anfibi, rettili e pesci in tutto il mondo hanno subito un calo medio devastante: quelle di fauna selvatica monitorate dal “Living Planet Report” (Lpr) 2022, il rapporto biennale sulla salute del pianeta che il Wwf lancia oggi a livello globale, sono diminuite in media del 69%. Il report evidenzia le “drammatiche prospettive dello stato di salute della natura e lancia un appello urgente ai governi, alle imprese e all’opinione pubblica: serve subito un’azione di trasformazione per invertire la drammatica perdita di biodiversità che, insieme all’emergenza del cambiamento climatico indotto dall’uomo, minaccia il benessere delle generazioni attuali e future”.
Con il suo bacino di dati, che comprende quasi 32.000 popolazioni di 5.230 specie di vertebrati, il Living Planet Index (Lpi), fornito nel rapporto dalla Zsl (Zoological Society of London), mostra che nelle regioni tropicali (tra le più ricche di biodiversità) l’abbondanza delle popolazioni di vertebrati selvatici monitorati sta crollando. In particolare, i dati del Lpi rivelano che tra il 1970 e il 2018 le popolazioni di fauna selvatica monitorate in America Latina e nella regione dei Caraibi sono diminuite in media del 94%. In circa 50 anni, a livello globale, le popolazioni d’acqua dolce monitorate sono diminuite in media dell’83%: si tratta del più grande declino di qualsiasi gruppo di specie. Per Marco Lambertini, direttore generale del Wwf Internazionale, “ci troviamo di fronte a una doppia emergenza: il cambiamento climatico provocato dall’uomo e la perdita di biodiversità, che minacciano il benessere delle generazioni attuali e future”. I leader mondiali si riuniranno a dicembre alla Conferenza delle Parti della Convenzione sulla Diversità Biologica n.15.
Il Wwf chiede ai leader di “impegnarsi per un accordo in “stile Parigi” in grado di invertire la perdita di biodiversità per garantire un mondo nature-positive entro il 2030”. Fra le popolazioni di specie monitorate nell’Lpi ci sono i delfini rosa di fiume dell’Amazzonia, crollate del 65% tra il 1994 e il 2016 nella Riserva di sviluppo sostenibile di Mamirauá, nello stato brasiliano di Amazonas; i gorilla sostenibile di Mamirauá, nello stato brasiliano di Amazonas; i gorilla di pianura orientale, il cui numero ha subito un declino stimato dell’80% nel Parco nazionale di Kahuzi-Biega della Repubblica Democratica del Congo tra il 1994 e il 2019; e i cuccioli di leone marino dell’Australia meridionale e occidentale, il cui numero è calato di due terzi tra il 1977 e il 2019.
Per Andrew Terry, Direttore Conservazione e Politiche dello Zsl, “metà dell'economia globale e miliardi di persone dipendono direttamente dalla natura. Prevenire un’ulteriore perdita di biodiversità e ripristinare gli ecosistemi vitali deve essere in cima alle agende globali per affrontare la crescente crisi climatica, ambientale e di salute pubblica”. Secondo il Living Planet Report le principali cause del declino delle popolazioni di fauna selvatica sono i cambiamenti nell’uso del suolo e del mare, lo sfruttamento eccessivo di piante e animali, il cambiamento climatico, l’inquinamento e le specie aliene invasive, le minacce provenienti da agricoltura, caccia e bracconaggio e deforestazione sono particolarmente gravi ai tropici mentre hotspot di inquinamento sono particolarmente importanti in Europa. Inoltre, a meno che non limitiamo il riscaldamento globale a meno di 2°C, o preferibilmente 1,5°C, è probabile che il cambiamento climatico diventi la causa principale della perdita di biodiversità e del degrado degli ecosistemi nei prossimi decenni.
“Il tempo a nostra disposizione per invertire la curva dell’emorragia di natura che contraddistingue la nostra epoca è ormai agli sgoccioli, ha sottolineato Luciano Di Tizio, presidente del Wwf Italia. Senza un cambiamento strutturale nelle nostre politiche, economie, abitudini quasi nessuno degli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile dell’Onu (Sdgs) potrà essere raggiunto. Per invertire la perdita di natura e garantire un futuro più sicuro e sano per tutti è indispensabile dimezzare l’impronta globale di produzione e consumo entro il 2030”.
A livello nazionale “il Wwf ha avanzato proposte concrete che ci auguriamo che il Parlamento che si insedia oggi e il governo che seguirà mettano al centro dell’agenda: entro un anno serve una legge sul clima, una per contrastare il consumo del suolo ed un Codice della Natura per razionalizzare tutte le norme a tutela della nostra biodiversità”.
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