6 ristoranti su 42 e poco meno del 5% della forza lavoro complessiva, pari a 120 persone senza lavoro: ecco la decisa sforbiciata che Jamie Oliver, da tempo il celebrity chef più famoso del Regno Unito - e che è salito agli onori delle cronache anche per la sua opera divulgativa della cucina italiana - ha deciso di mettere in atto nei confronti della sua catena “Jamie’s Italian”. Come riportato, tra gli altri, dal “The Guardian” (www.theguardian.com), la motivazione sarebbe prettamente economica: anche se gli effetti veri della “Brexit” sono al di là da venire, e lo rimarranno ancora per anni, la sterlina ha infatti perso una parte rilevante della propria forza motrice sui mercati valutari, e di conseguenza non solo le materie prime si sono fatte più care, ma il mercato stesso si sarebbe reso più pesante, con una minore propensione per il pasto fuori casa da parte degli inglesi stessi. Nelle parole di Simon Blagden, ad del gruppo societario di Oliver, “il mercato è duro, e dopo la Brexit le pressioni e le incertezze si sono fatte ancora più pesanti”.
Quindi, entro il primo trimestre del 2017 sei dei ristoranti - due a Londra, a Richmond e a Ludgate Hill, e gli altri ad Aberdeen, Exeter, Cheltenham e Tunbridge Wells - chiuderanno definitivamente, marcando un deciso punto di svolta dalla fondazione della catena, avvenuta nel 2008. La carriera di Oliver è legata a doppio filo alla cucina tricolore sin dai suoi primi passi nel mondo della ristorazione: il suo primo lavoro è stato come pasticciere da Antonio Carluccio, il vero “padrino” della cucina italiana Oltremanica, ed è stato successivamente uno degli allievi di Gennaro Contaldo, per poi divenire un sous chef nel 1997, immediatamente prima di venire notato dalla BBC. Due anni dopo, nel 1999, la consacrazione, con la trasmissione “The Naked Chef”, e poi il successo definitivo, coronato da una catena, la “Jamie’s Italian”, composta da 42 ristoranti nel Regno Unito e 36 oltreconfine. Numero che, sempre secondo Blagden, salirà presto a 60 unità - affermazione che, secondo alcuni, dà corpo all’ipotesi che la chiusura dei ristoranti sia una decisione che ha poco a che vedere con le motivazioni ufficiali.
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