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LA CASSAZIONE RIAPRE IL PROCESSO “FEDERCONSORZI”: ANNULLATA LA SENTENZA DI PRESCRIZIONE DEL 2008 (A 23 ANNI DAI FATTI). TRA GLI IMPUTATI TANTI GRANDI EX DELL’AGRICOLTURA ITALIANA, E ALCUNI ATTUALI BIG DI COLDIRETTI. LO SCRIVE “ITALIA OGGI”

Il fantasma di “Federconsorzi” torna ad agitare i corridoi di Palazzo Rospigliosi di Roma, sede della Coldiretti. Secondo quanto riportato dal quotidiano Italia Oggi, in un articolo firmato da Giuseppe Chiarello, il 13 marzo, la Cassazione, dopo ben 25 anni, la Cassazione, con una sentenza (n. 2344) depositata il cinque marzo scorso, ma emessa il 18 dicembre 2009, ha riaperto un caso monstre per l’agricoltura (e non solo) italiana. Un crack da 5.000 miliardi di lire, che tutt’oggi coinvolge 37 persone accusate di bancarotta fraudolenta, in passato ai vertici dell’organizzazione agricola (ed anche alcuni ex importanti di Confagricoltura), e in alcuni casi, ancora oggi, nella stanza dei bottoni di Coldiretti.

Palazzo Rospigliosi, all’epoca dei fatti sotto inchiesta, dal 1985 e il 199, era l’anima della Fedit: un ente di diritto privato che si comportava come un ente pubblico garantito dallo stato, talmente potente, secondo quanto riportato da “Italia Oggi”, al punto di riuscire a far eleggere 70 deputati. Al momento del crack, la Federazione italiana dei consorzi agrari, oltre all’indebitamento record aveva in portafogli un tesoro monstre, tra aziende agroalimentari e lattierocasearie (la Polenghi-Lombardo), imprese chimiche, assicurative e bancarie (partecipava alla Banca nazionale dell’agricoltura). Oltre a un patrimonio tra palazzi, terreni e ammassi di granaglie. Ma la prima sentenza, scrive Chiarello, è giunta solo due anni fa, il 31 marzo 2008, a 23 anni dai fatti. A pronunciarla il Tribunale di Roma, che dichiarò estinti i reati per 4 imputati, perché nel frattempo deceduti, e estinti anche per gli altri imputati per “intervenuta prescrizione”.

Ma a far riaprire il caso è stato il ricorso in cassazione del Procuratore del tribunale della capitale: nella sentenza, in giudici non hanno ben chiarito quali siano i reati contestati andati in prescrizione; ne hanno chiarito quali fossero i termini temporali da cui fanno partire il loro conteggio per poi arrivare a concludere che tali reati contestati siano ormai prescritti.

In altre parole, una sorta di vizio di forma, che tuttavia ha portato la Cassazione ad annullare la sentenza del tribunale di Roma del 31 marzo 2008, rinviando il caso Fedit alla Corte d’appello per il giudizio di secondo grado.

Gli episodi contestati sono imputabili ai bilanci Fedit compresi tra il 1985 e il 1990, l’anno che precedette il commissariamento della Federconsorzi, deciso dal Ministro dell’Agricoltura dell’epoca, Giovanni Goria. Allora la Fedit aveva, secondo Italia Oggi, 5.000 miliardi di lire di debiti, crediti in parte inesigibili per un totale di 3.800 miliardi e attivi patrimoniali per 4.000.

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