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“LA CONIGLICOLTURA ITALIANA È ALLA DERIVA. IL COMPORTAMENTO DI GROSSISTI-IMPORTATORI AFFAMA GLI ALLEVATORI E INGANNA I CONSUMATORI. INSUFFICIENTI LE RISPOSTE DEL GOVERNO E UE”. È L’ALLARME DEI LIBERI ALLEVATORI DI CONIGLI

“La coniglicoltura italiana è alla deriva: è da diversi anni che la nostra associazione sta denunciando il comportamento da parte dei grossisti-importatori che utilizzano strategicamente la leva import-export per tenere artificialmente bassi i prezzi alla stalla, affamare gli allevatori e ingannare i consumatori. Ma la risposta del Governo italiano è ancora insufficiente come quella dell’Europa”. A lanciare l’allarme Saverio De Bonis, presidente dell’Anlac, Associazione nazionale liberi allevatori di conigli, aderente ad Agci Agrital e della Cun - Commissione Prezzi Unica Nazionale.
“Se i costi in Europa sono ormai abbastanza livellati - spiega Saverio De Bonis - come fanno alcuni Paesi come Ungheria e Francia ad esportare conigli macellati al prezzo di euro 2,90 al chilo, su cui macellatori compiacenti cambiano fraudolentemente le etichette spacciando conigli stranieri per italiani? L’elevata produttività e professionalità degli allevamenti italiani è nota in Europa, se così non fosse queste esportazioni “low cost” non spunterebbero fuori solo in alcuni periodi, bensì durante tutto l’anno. Poiché la competitività italiana non può essere intermittente, è evidente che l’obiettivo è un altro: intasare il mercato italiano artificialmente”. Obiettivo, reso agevole dall’assenza di etichettatura obbligatoria dell’origine, che le lobby europee hanno imposto.
“Così la coniglicoltura italiana - sottolinea De Bonis - è alla deriva, la distribuzione é rarefatta per carenza di offerta, solo un supermercato ogni quattro presenta conigli sugli scaffali, ma le quotazioni nel mese di febbraio sono scese nuovamente al di sotto dei crescenti costi di produzione, a causa di importazioni “ad orologeria” che, secondo nostre fonti ufficiose, sono arrivate a circa centomila conigli a settimana. Per gli allevatori, la stessa Cun è una conquista, uno strumento utile, ma senza criteri di vera neutralità e trasparenza, si rischia un duplicato della Borsa merci di Verona. Ovvero un sistema di gestione personalistico del mercato fatto di cattive pratiche che alterano la concorrenza. Anche la Commissione Europea - spiega De Bonis - già sollecitata da interrogazioni parlamentari, ha il dovere di aprire un’indagine. L’Europa non può permettersi di fare lo struzzo mettendo la testa sotto la sabbia. Di fronte ad una presunta violazione dei trattati, la risposta di Dacian Ciolos a nome della Commissione, non può essere quella di “concentrare l’offerta per rafforzare il potere contrattuale e promuovere buone pratiche””.

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