Secondo l’Associazione Locali Storici d’Italia, possono fregiarsi di questo titolo quelle attività che possono vantare oltre 70 di attività. 215, quelli censiti nell’ultima guida 2019. Tra questi, senza dubbio, il celeberrimo “Gran Caffè Storico Letterario Giubbe Rosse” di Firenze, che ora il Ministero dei Beni Culturali ha riconosciuto come “bene culturale”, con un decreto che ne sancisce la tutela. Nato nel 1897 con il nome di Birreria Fratelli Reininghaus, come punto di riferimento della comunità tedesca di Firenze, e che prese il nome diventato celebre, in un secondo momento, proprio per l’abbigliamento imposto ai camerieri, all’uso viennese. Dapprima circolo di scacchi, dove leggenda vuole siano passati personaggi come Vladimir I e Lenin, agli inizi del 1900 divenne quartier generale dei Futurisi: qui si dice che Ardengo Soffici prese il celeberrimo “schiaffo” per aver stroncato su “La Voce” la prima mostra futurista, nel locali che poi divenne seconda casa di nomi come Filippo Tommaso Marinetti, Umberto Boccioni, Luigi Russolo, Aldo Palazzeschi, Carlo Carrà, per essere frequentato, lungo tutto il 900, da nomi come Giuseppe De Robertis, Eugenio Montale, Umberto Saba, Carlo Emilio Gadda, Bonaventura Tecchi, Carlo Bo, Mario Luzi, Tommaso Landolfi, Oreste Macrì, e ancora Elio Vittorini, Salvatore Quasimodo, Luciano Guarnieri e Antonio Bueno. Tra le sue sale in stile Liberty, che furono anche “culla” di tanti esponenti dell’Ermetismo, trovò spazio anche il comando americano, nella Seconda Guerra Mondiale. Un luogo storico dello stile e della cultura italiana, che ha vissuto fase alterne, fino alla recente crisi, con il fallimento di fine 2018, e all’acquisto, all’asta, poche settimana fa, dalla “Scudieri International srl”, una società controllata dal gruppo Nannini e da Sielna, holding che ha tra gli amministratori Cataldo Staffieri, Maxim Constantin Catalin, amministratore delegato, e Igor Bidilo, imprenditore kazako. E ora arriva anche il riconoscimento come Bene Culturale da parte del Ministero, su iniziativa della Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio di Firenze, per rilanciare e tutelare un pezzo di quella storia d’Italia, dove si faceva cultura vera tra i tavoli di un caffè.
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