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LA FORMA DEL CIBO “SEDUCE” L’APPETITO, INFLUISCE SULLA SAZIETÀ E SULLE CALORIE ASSUNTE. MANGIARE CIBI “MORBIDI” FA MASTICARE MENO E QUINDI FA MANGIARE DI PIÙ. PAROLA DELLO STUDIO DEL CENTRO DI RICERCA NESTLÉ E UNIVERSITÀ DI WAGENINGEN (PAESI BASSI)

“Anche l’occhio vuole la sua parte” specialmente a tavola, meglio cibi presentati nella loro propria “fisionomia” che un “mappazzone” (come dice chef Bruno Barbieri, ndr) fatto di passati e spezzettamenti, e in questo caso non si tratta solo di una questione estetica: la forma del cibo, infatti, “seduce” l’appetito e influisce sulla sazietà e sulla quantità di calorie ingerite. Come? Le pietanze consumate con piccoli morsi e masticate per lungo tempo aumentano il senso di pienezza riducendo le quantità di cibo assunte, a dispetto di quei piatti che vengono ingeriti in grandi bocconi e sottoposti a pochi atti masticatori, che hanno un tasso di assunzione al minuto considerevolmente maggiore del cibo solido e sono meno appaganti. Insomma, meglio le patate che una stessa porzione di purè. A dirlo è lo studio pubblicato su “Appetite”, svolto dai ricercatori del Centro di Ricerca Nestlé (Nrc), con la collaborazione dell’Università di Wageningen (Paesi Bassi), che spiega il legame tra l’aspetto di ciò che si mangia e le calorie assunte analizzando la correlazione tra le caratteristiche di un pasto, il senso di sazietà e, di conseguenza, l’assunzione di nutrienti e calorie.
Lo studio ha dimostrato che i cibi più “morbidi”, ingeriti in grandi bocconi e sottoposti a pochi atti masticatori, hanno un tasso assunzione al minuto considerevolmente maggiore dei cibi solidi. Quindi è meno appagante per l’appetito una porzione di purè che viene masticata solo 27 volte contro la stessa quantità di patate che necessita di 488 atti masticatori. I volontari che hanno mangiato verdure e bistecca hanno consumato il 10% in meno rispetto a quelli che hanno mangiato il passato di verdure e la bistecca in pezzi. Inoltre quest’ultimo pasto è stato consumato il 20% più velocemente del primo per un equivalente di 10 grammi di cibo ingerito in più al minuto.
“Questi studi - spiega Ciara’n Forde, ricercatore Nestlé che ha condotto il lavoro - ci danno la possibilità di conoscere l’impatto che gli alimenti, nelle diverse forme, hanno sul comportamento alimentare, sul senso di sazietà e sull’assunzione di cibo. Il nostro obiettivo finale è aiutare i consumatori a raggiungere la sazietà ingerendo meno calorie”. La prima fase dello studio ha analizzato le caratteristiche del processo di masticazione nell’assunzione di 35 cibi solidi che normalmente compongono un pasto caldo. Ad esempio: le verdure (patate bollite, broccoli, carote), la carne e i cibi pronti (pollo, tofu, lasagna, pizza), gli snack (patatine, bastoncini di pesce). Ai volontari è stato chiesto di mangiare 50 grammi di ogni pietanza, 7 delle quali assunte per 5 giorni consecutivi. Le registrazioni video dei volontari sono state utilizzate per calcolare per ognuno dei 35 alimenti, la quantità di cibo assunto per morso e in totale, il numero di morsi e gli atti masticatori per minuto e la complessiva durata del processo di masticazione.
Una seconda fase dello studio si è concentrata sull’influenza della forma in cui viene consumato il cibo sulle quantità assunte: un pasto composto da bistecca al sugo, carote e patate è stato servito fino al raggiungimento della sazietà a dei volontari. Il primo gruppo lo ha ricevuto in forma usuale (bistecca e tuberi interi) il secondo come composto di carne a pezzi e purea di carote e patate. I volontari hanno dichiarato il proprio senso di sazietà prima e dopo il pasto. L’assunzione di cibo è stata misurata e comparata tra i diversi gruppi e sul singolo individuo. Ebbene, questi ultimi partecipanti alla ricerca hanno consumato il 10% in meno rispetto a quelli che hanno mangiato il passato di verdure e la bistecca in pezzi. Inoltre quest’ultimo pasto è stato consumato il 20% più velocemente del primo per un equivalente di 10 grammi di cibo ingerito in più al minuto.

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