02-Planeta_manchette_175x100
Consorzio Collio 2024 (175x100)
LA CURIOSITÀ

La longevità del Prosecco Docg? Niente di nuovo. Parola della cantina Nino Franco

La degustazione, guidata da Primo Franco, guida storica della griffe di Valdobbiadene, che conferma la capacità di invecchiamento della Glera

Se per i vini bianchi, fermi o spumanti, di tanti territori, freschezza, piacevolezza ed immediatezza sono stati fattori fondamentali per il successo e per conquistare tanti palati, negli ultimi anni, in molti si sono messi alla ricerca della longevità, caratteristica dei grandi vini. Che, raramente, viene associata al Prosecco. Eppure, c’è chi la capacità delle celeberrime bollicine italiane di reggere alla prova del tempo, l’ha già dimostrata. Come la Nino Franco, storica azienda di Valdobbiadene, che ha dato ancora una prova della longevità dei suoi vini, riuscendo a stupire e a far comprendere gli elementi che la rendono possibile, gli stessi che differenziano la Docg Conegliano Valdobbiadene Prosecco Superiore.
“Con la “galassia Prosecco” abbiamo esportato un modo di vivere e cambiato la maniera di pensare e di bere le bollicine. L’impatto delle centinaia di milioni di bottiglie prodotti da Prosecco Doc, Conegliano Valdobbiadene Superiore Docg e Asolo Prosecco Docg ha provocato un approccio diverso anche dei produttori di Champagne. Hanno capito che la piacevolezza viene dalla morbidezza e hanno modificato lo stile dei loro entry level. E continuando in un raffronto con la Francia, a Bordeaux, territorio in pianura con terreni simili tra loro, la diversità dei vini la fanno gli uvaggi. Nel nostro caso, al contrario, con un solo vitigno, la Glera, la sfida si gioca sulla vocazionalità del territorio, sulle parcelle più vocate e sull’agire dell’uomo nel condurre vigneto e vinificazione”. Cosi Primo Franco, guida storica dell’azienda, ha fotografato i punti di forza della “galassia Prosecco” per poi sottolineare dei distinguo, in una recente degustazione, che ha ricalcato in parte quella che con cui sono stati festeggiati nel 2019 i 100 anni in quattro generazioni - Antonio, Nino, Primo e Silvia - dell’azienda, dimostrando nuovamente la piacevolezza nel tempo dei vini dell’azienda di Valdobbiadene in un viaggio che ha fatto percorrere una parte della storia della Nino Franco, iniziata nel 1919, e della denominazione Valdobbiadene Prosecco Superiore Docg.

“Quassù, sulle colline di Valdobbiadene e Conegliano - ha proseguito Primo Franco - le condizioni pedoclimatiche tra i diversi vigneti sono molto differenti e partiamo da una viticoltura di popolazione, con viti provenienti da selezioni massali. Su questa diversità e sulla nostra capacità di interpretarla si basa la qualità variegata della nostra Docg. Diversi i presupposti della qualità in quantità espresse dalla doc Prosecco in pianura dove per ottimizzarle, gioco forza, tutto deve essere organizzato piantando gli stessi cloni e standardizzando tutte le operazioni colturali”. Ed a camminare i vigneti in pendenza da cui provengono i vini da “singole vigne” della Nino Franco si ha netta la percezione della loro particolarità che poi si riscontra al sorso. Provengono da tre piccole parcelle, per un totale di circa 4 ettari, diverse per terreno, esposizione, quindi microclima, e per le viti. Sì anche per le viti che differiscono nel patrimonio genetico perché provenienti dalla selezione di piante scelte molti decenni fa in vigneti con una elevata biodiversità. E differenti sono anche i protocolli di coltivazione e di vinificazione. Ingredienti che consentono al Nodi, al Vigneto della Riva di San Floriano, entrambi Valdobbiadene Prosecco superiore, e al Grave di Stecca che non rivendica la Docg di distinguersi e di mantenere nel tempo caratteristiche molto gradevoli.
Se nel caso del metodo classico è la varietà che esalta il metodo, la presa di spuma in autoclave esalta le varietà aromatiche e semiaromatiche come la Glera, che, nel caso dei vini della Nino Franco, si arricchisce sensorialmente grazie ad un protocollo enologico articolato e foriero anche di longevità. “Chi l’ha detto che i vini che fanno la presa di spuma in autoclave non possono invecchiare? - si è chiesto retoricamente Primo Franco. Noi facciamo un lavoro faticoso. Il Grave di Stecca, per esempio, viene da una lunga permanenza del vino base sui sedimenti della prima fermentazione con batonage settimanali che ne arricchiscono la struttura. Ai 30 giorni di autoclave seguono 140 mesi di bottiglia. La permanenza in bottiglia raffina la bolla, ne aumenta la cremosità e li rende sexy”.
Il “Viaggio nel tempo”, a cui ha partecipato anche Winenews, condotto dal wine critic Daniele Cernilli, nei giorni scorsi, a ritroso attraverso i vini della Nino Franco, è partito dal Nodi 2016 - che proviene da una particella di meno di un ettaro e viti molto molto vecchie e “nodose” accarezzate dal vento a cui pure si riferisce il nome - al Rive di San Floriano 2004 - colore dorato, note di mandorla, accenno di fiori equilibrio cremoso - passando per il Grave di Stecca 2008, dal vigneto di competenza di Villa Barberina, racchiuso dai muri di pietra come un clos francese, millesimato ancora in grande forma. E poi il Primo Franco 1999, 1995 e 1989 - il vino fatto da solo da Primo dopo la morte del padre, millesimato e con il suo nome in etichetta - intervallato dal Cartizze 1989. E a seguire due vini che rappresentano la voglia di Primo Franco di raccogliere le sfide e provare a fare prodotti diversi, che non oggi esistono più: il Nino Franco vino bianco secco Prosecco di Valdobbiadene Doc 1986 e il Grave di Stecca Vendemmia tardiva 1991 “quando - ha ricordato Primo Franco - Fausto Maculan e Roberto Anselmi si cimentavano con vini da appassimento in vigna e anch’io ho voluto provarci”.
Dulcis in fundo, è il caso di dirlo, un Recioto (della Valpolicella) del 1961, frutto del commercio di vini e degli scambi con cui il nonno di Primo, Antonio, ha ricominciato l’attività dopo la prima Guerra mondiale. “Tempi quelli in cui l’economia del vino girava sullo scambio, in particolare con la Valpolicella che allora produceva quello che era considerato quasi l’unico vino, il rosso. E si scambiavano damigiane di Cartizze, con Amarone e Recioto”- ha raccontato Primo Franco.

Copyright © 2000/2024


Contatti: info@winenews.it
Seguici anche su Twitter: @WineNewsIt
Seguici anche su Facebook: @winenewsit


Questo articolo è tratto dall'archivio di WineNews - Tutti i diritti riservati - Copyright © 2000/2024

Altri articoli