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LA NAZIONE

Il Brunello sospeso tra passato e futuro, tra radici profonde e necessaria innovazione. La “Tenuta Il Greppo” è tra i simboli di uno dei vini più famosi del mondo, la famiglia Biondi Santi è un nome che ne incarna l’essenza. Nei giorni scorsi è arrivato il closing sull’operazione da 250 milioni di euro che ha segnato l’ingresso in quota maggioritaria del gruppo del lusso francese Epi, già impegnato Oltralpe nella produzione di vini e champagne. 
“Bisogna cambiare per non morire, ma il legame della famiglia con il Greppo resterà saldo”, ha ripetuto negli ultimi mesi Jacopo Biondi Santi, che della nuova holding resterà presidente, con al fianco come general manager Olivier Adnot, già ai vertici di Chateau La Verreire. E qui, del resto, che i Biondi Santi hanno letteralmente fatto la storia del Brunello. A fine Ottocento fu Ferruccio a inventarlo (e le cantine della villa custodiscono ancora con sacralità le due ultime bottiglie targate 1888, perfettamente conservate), Tancredi negli anni Venti istituì la pratica della “ricolmatura”, Franco fu il protagonista dell’era della Doc, della Docg e dell’espansione del Brunello nel mondo, Jacopo affiancato dal figlio Tancredi (entrato nel nuovo cda) guarda ora a nuove frontiere di crescita restando ben ancorato alla propria terra. Una terra diventata ricchissima. Al Greppo intanto, oltre a una sostanziosa iniezione di liquidità che ha chiuso anche le partite aperte dopo la scomparsa del vecchio capostipite Franco, si guarda a un futuro declinato in francese. Le prime significative novità dovrebbero arrivare nel campo della distribuzione globale, anche se i venti di barriere e dazi doganali (a partire dagli Usa targati Trump) rischiano di complicare i piani. “Il Brunello non cambierà - ha promesso Jacopo - e il fatto che io resti l’enologo è la migliore dimostrazione di ciò”. Proiettati nel futuro, ma senza allontanarsi dalle radici. WineNews ha stimato un aumento di valore del 2.474% dal 1966 (anno di nascita della Doc) a oggi: un ettaro valeva 1,8 milioni di lire, oggi 400mila euro. C’è semmai un altro fronte aperto, perché allora gli ettari erano 64, oggi 2100.

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