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LA PRESIDENTE DELLA REGIONE PIEMONTE, MERCEDES BRESSO, SCATENA LE IRE DEI TARTUFAI DI TUTTA ITALIA. BEPPE BIGAZZI: “I TARTUFI DI QUALITA’ VENDUTI AD ALBA ARRIVANO DA FUORI”

La “querelle del tartufo” ha preso il via sabato, durante l’Asta mondiale del tartufo bianco d' Alba che si è svolta nel medioevale castello di Grinzane Cavour, sulle colline della Langhe. La presidente della Regione Piemonte, Mercedes Bresso, presente in sala, ha infatti lanciato una battuta che ha scatenato le ire dei tartufai di tutta Italia: "Il nostro prodotto - ha detto la presidente Bresso - si piazza nella fascia alta del made in Italy, quello degli altri, forse, in quella bassa. Diciamo che non c' è concorrenza". A rispondere alla Bresso è stato per primo Massimo d’Alema, che ieri è intervenuto alla 40° Fiera Nazionale del Tartufo Bianco Pregiato di Acqualagna . “Il tartufo non è solo a servizio di una città, come in questo caso Acqualagna, o di una regione, ma dell’Italia intera perché è da qui che dobbiamo ripartire. Dobbiamo riprendere slancio dalla nostra qualità. Nei prossimi giorni si parlerà molto del futuro del nostro Paese e uno dei punti forza su cui batteremo sarà proprio questo della qualità da cui dobbiamo ripartire come accade ad esempio con il tartufo che da solo fa da traino a un’intera economia”.

Polemica la risposta degli organizzatori dell’Asta internazionale del tartufo di Toscana, tra cui Beppe Bigazzi, noto esperto toscano di gastronomia: “La governatrice della Regione Piemonte ha dimostrato di non conoscere da dove arrivano i tartufi di qualità commercializzati ad Alba, e di ignorare quante importanti realtà tartufigene esistano nel nostro Paese, tutte con identico diritto di valorizzazione e di sviluppo turistico ed enogastronomico. Tra queste realtà figurano in primo luogo le province di Pisa, Siena, Arezzo, Grosseto e di Firenze, accanto a quelle di Pesaro-Urbino, di Cesena-Forlì e alle province di Perugia e Terni, di Campobasso e Isernia… tutte zone battute dai commercianti di Alba abituati a “ribattezzare come albesi” i tartufi acquistati. Che si rinunci finalmente a questa menzogna, risaputa da tutti i tartufai, i commercianti e i giornalisti del settore, tranne qualcuno al soldo della Regione Piemonte, che non riconosce gli ottimi prodotti delle altre regioni d’Italia, e si arrivi a un “sistema Italia” sinergico nel quale Alba commercializza i tartufi delle varie regioni, identificati secondo le norme della tracciabilità e della trasparenza. Perché un peperone, un manzo, un formaggio dev’essere identificato con una zona d’origine e un tartufo no?”.

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