La prima vendemmia dell’anno è pura poesia, e ci porta in Sicilia, “custode” di una tradizione vinicola tra le più antiche al mondo, crocevia di popoli e culture che ne fanno un vero e proprio “continente enoico” , la cui biodiversità nel calice è pari all’estensione ed alla diversità dei vigneti, ma anche alla varietà di storie e paesaggi che qui si intrecciano da secoli e che rappresentano quel patrimonio vinicolo la cui ricchezza, accanto alla sostenibilità, rende i vini dell’isola di assoluta qualità. Simbolicamente, non può che essere questo lo sfondo dove ogni anno si ripete il rituale più antico, affascinante e magico del mondo del vino, che si concentra nel taglio dei primi grappoli ma ha tanti significati, che rappresenta la fine di un anno di duro lavoro nei vigneti italiani ma che è anche un nuovo inizio per i produttori che finalmente assaggeranno i loro vini. E, come da tradizione ed in linea con i tempi, la raccolta delle uve ha avuto inizio il 29 luglio con il Pinot Grigio nel vigneto più grande d’Europa che, dalla macchia mediterranea ricca e incontaminata, tra distese di oliveti, palme nane, aironi e tartarughe, si “tuffa” nel mare di Menfi, di Cantine Settesoli, la storica realtà cooperativa siciliana con 6.000 ettari di filari nel Menfishire e “custode” di 36 cultivar, delle quali le ultime ad essere raccolte, in ottobre, saranno le varietà a bacca bianca autoctone, dall’Inzolia al Cataratto, a pochi passi da Selinunte, il Parco Archeologico più grande del Vecchio Continente, dove la cantina siciliana ha impiantato un vigneto didattico e sperimentale con “vitigni reliquia” siciliani che potrebbero presto tornare in produzione. Ottobre in cui, la vendemmia dell’intera isola finirà con il Nerello Mascalese sulle sabbie nere dell’Etna, un “mosaico ambientale” che cambia ad ogni eruzione, ma testimone nei secoli anche di un’agricoltura che racconta le antiche civiltà e di cui il vino è tra le produzioni più antiche ed affascinanti.
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