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BILANCIO

La resilienza dello Champagne, che, dopo il crollo del 2020, nel 2021 fattura 5,7 miliardi di euro

Lotta alle emissioni di CO2 e il 100% delle superfici vitate certificate entro il 2030: gli obiettivi ambiziosi del Comité Champagne
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I vigneti della Champagne, il territorio top delle bollicine francesi

Gli ultimi due anni hanno messo il mondo del vino di fronte a sfide ardue e mai affrontate prima, superate di slancio dalla filiera grazie ad un 2021 eccezionale. Non fa eccezione lo Champagne, che, nel 2020, ha vissuto la peggiore crisi economica dalla fine della Seconda Guerra Mondiale, che ha registrato un collasso delle vendite fattosi drammatico nei mesi del lockdown: marzo (-10%), aprile (-26%) e maggio (-32%), con migliaia di ordini annullati e milioni di bottiglie rimaste in cantina, come ricordano i due co-presidenti del Comité Champagne Jean-Marie Barillère e Maxime Toubart in conferenza “Dopo due anni complessi, la filiera Champagne guarda all’avvenire con ottimismo”, da cui hanno fatto il punto sulla situazione economica dello Champagne. Annus horribilis, dicevamo, ma con due fondamentali spiragli di luce: da un lato, un bilancio che, nel 2020, ha fatto segnare un calo del 18% dei volumi venduti e del 17% dei fatturati, molto meglio delle aspettative, che facevano temere crolli decisamente peggiori (tra i 25% ed il 40%); dall’altro una vendemmia eccezionale, la più precoce del secolo, ma splendida, sia per qualità che per quantità prodotte.

Un buon viatico, che ha accompagnato il rimbalzo delle vendite registrato nel 2021, chiuso a quota 320 milioni di bottiglie vendute (+31% sul 2020 e +8% sul 2019), per un giro d’affari di 5,7 miliardi di euro (+36% sul 2020 e +14% sul 2019). Nel mercato interno sono rimaste 140 milioni di bottiglie, grosso modo le stesse del 2019, ed il 25% in più del 2020, con 180 milioni di bottiglie finite sui mercati di tutto il mondo. A partire da quello Usa, ormai primo sbocco per lo Champagne, con 34 milioni di bottiglie, dalle 26 del 2019 (crollate a 21 milioni nel 2020), seguito da Uk (29 milioni di bottiglie, +7% sul 2019), Germania (15 milioni di bottiglie, +28%), Belgio (11 milioni di bottiglie, il dato più alto per consumo pro capite dietro alla Francia, +15%) e Australia (12 milioni di bottiglie, +53%).

Anche in questi due anni, per quanto duri, la valenza sociale e culturale dello Champagne è rimasta inalterata: come ricordano Jean-Marie Barillère e Maxime Toubart, è stato il protagonista di tanti momenti di piacere, capace di rendere eccezionale i giorni più grigi, celebrare anche semplicemente il piacere di stare con chi si ama, in un periodo in cui in tanti hanno riscoperto il lusso accessibile di una bottiglia di Champagne bevuta a casa, spendendo molto meno che al ristorante, magari acquistandola, in pochi click, online, risparmiando qualche altro euro. Se le vendite hanno portato euforia, è dal vigneto che il 2021 ha portato più che altro cattive notizie: prima le gelate, poi le muffe, e la raccolta ha subito cali che sfiorano il 50%. Tanto che le rese medie si sono fermate ad appena 73 quintali ad ettaro, ben distanti dai 100 quintali necessari a soddisfare le richieste del mercato. Cui, comunque, lo Champagne risponderà grazie alle riserve stoccate in cantina dalle precedenti vendemmie, a partire proprio dalla 2020.

In futuro, ci sarà da investire su tre fronti: prepararsi al 2050, migliorare gli strumenti che regolamentano l’industria dello Champagne e proteggere e promuovere il patrimonio dello Champagne. Nell’ottica della viticoltura di domani, si punta al raggiungimento dei principi dell’agro-ecologia, partendo quindi dalla riduzione dell’impronta ecologica della filiera dello Champagne. Che ha stilato il primo bilancio della carbon footprint nel lontano 2003, mentre il primo piano di riduzione delle emissioni di CO2 risale al periodo 2005-2015, e si era posto come obiettivo il taglio delle emissioni del 25% nel 2025 e del 75% entro il 2075. Il primo risultato, nel 2018, è stato il taglio del 15% della CO2, ma gli obiettivi sono decisamente ambiziosi, e non solo per lo Champagne, ma per l’intera società. Come quello del 100% di vigneto certificato (biologico o sostenibile, secondo i diversi protocolli riconosciuti in Francia) entro il 2030: oggi la quota delle superfici vitate certificate è del 54%, ben superiore all’obiettivo del 46% previsto qualche anno fa, che fa segnare un’evoluzione enorme nell’arco di pochi anni, con la sostenibilità come obiettivo principale.

Tornando alla promozione e alla difesa dello Champagne nel mondo, che ha vissuto un momento importante nel 2021, con la sentenza della Corte Ue sulla catena spagnola “Champanillo”, è utile ricordare che oggi la denominazione Champagne è riconosciuta in 125 Paesi nel mondo, ma non ancora in Usa e Russia. In termini di promozione, infine, molto dovrà essere fatto in termini di educazione, sia dei professionisti del vino che dei wine lover, spingendo sull’acceleratore dell’accoglienza in cantina, per far sì che gli amanti delle bollicine vivano lo Champagne nella terra in cui nasce.
In conclusione, il mondo è sempre più incerto, e questi due anni hanno messo a dura prova lo Champagne, ma ne hanno anche dimostrato la grande resilienza. Qualità che, nei prossimi anni, sarà fondamentale in vigna, puntando su nuovi vitigni, ancora da testare, frutto di ibridazioni delle tre varietà principe del territorio, Pinot Noir, Pinot Meunier e Chardonnay: ce ne sono attualmente 365, ancora da testare, con l’obiettivo di ottenere cloni in grado di maturare più tardi (e superare indenni le gelate primaverili), resistere alle malattie (così da abbattere l’uso di fitofarmaci) e rispondere al cambiamento climatico senza perdere in qualità, in modo da garantire allo Champagne un futuro roseo, oltre il 2050.

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