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La Rubblica Firenze

“Sassicaia primo nel mondo” exploit di altri 7 vini toscani … Wine Spectator, la più autorevole rivista di enologia, incorona il prodotto della tenuta di Bolgheri... Sassicaia, si chiama così per l'ardire di Mario Incisa della Rocchetta, che dopo il primo ettaro di viti impiantate nei terreni della Rocca di Castiglioncello a Bolgheri, dieci anni dopo allargò il vigneto di Cabernet in un terreno sassoso, una sassicaia appunto. Il marchese, cavaliere reduce dalla Secondo Guerra Mondiale, studi in Agraria, appassionato di natura e destrieri, era mosso dalla passione e dalla lucida follia dei grandi visionari: creare un bordeaux francese, estraneo al solco della tradizione dei sangiovesi toscani, ricavando il “purosangue dei rossi” dalle vigne piantate sui sassi di Maremma e esposte al vento salmastro del Tirreno. “Ammirevole, ma selvatico e scontroso” fu il primo giudizio, non proprio benevolo, che dette di quel vino il barone Rotschild. Esattamente 50 anni dopo la prima bottiglia, datata 1968, il Sassicaia 2015 ottiene l'Oscar del miglior vino del mondo. Lo incorona Wine Spectator, il magazine Usa del settore enologico più autorevole del pianeta. L'ultimo trionfo italiano risale a 12 anni fa, quando nel 2006 sul gradino più alto della classifica di Wine Spectator salì il Brunello di Montalcino 2001 della Tenuta Nuova di Casanova di Neri. Ma quel trionfo si inseriva sulla scia della nobiltà ultracentenaria dei grandi Chianti Classico e Brunello. Quello del Sassicaia è invece il trionfo di un vino e di un gusto “nati da un progetto e non da una tradizione” - come è stato detto - frutto della sapienza di Mario Incisa della Rocchetta, di suo figlio Nicolò e di Giacomo Tachis, che all'inizio degli anni Settanta arrivò nella Tenuta di San Guido per studiare “a tavolino” la giusta alchimia naturale del rosso. Non solo nell'uvaggio ma anche nella metodologia il marchese Incisa della Rocchetta si ispirò subito ai francesi: drastiche potature in vigna per una resa bassa ma selezionata e affinamento in barrique. All'85% carbernet sauvignon, 15% cabernet francese, il vino leggenda diventato un mito è un esclusiva della tenuta di San Guido e non è certo una scoperta di Wine Spectator ma è anzi celebrato ormai da decenni (tra i primi Luigi Veronelli sul numero di Panora del 1974 lo definì “ben vestito e brillante, bouquet fitto e contegnoso in sè, di non comune scontrosa eleganza... nerbo consistente nella stoffa ben strutturata”). Ma è sicuro che il riconoscimento del magazine americano aumenta lo smalto alla bottiglia toscana. Il portale specializzato Winenews annota che, stando al Liv-ex, il benchmark del mercato secondario dei fine wine, dopo l'Oscar assegnato lo scorso fine settimana il prezzo dell'etichetta simbolo di Bolgheri, Tenuta San Guido, è cresciuto del 25%, passando per una cassa da 12 bottiglie da 1.350 a 1.700 sterline. Ieri su Amazon una bottiglia 0,75 di Sassicaia 2015 si comprava a 230 euro, mentre una Magnum da un litro e mezzo a 630 euro. Il primato Sassicaia si combina con un più generale exploit delle bottiglie italiane, e toscane in particolare: nella classifica di Wine Spectator sono 19 le etichette italiane nella top 100, 8 le toscane (qui accanto il posizionamento di ciascun vino). Se il Sassicaia è il vino più buono del mondo, per il magazine Usa, un Chianti Classico si piazza al terzo posto assoluto. Non mancano le sorprese: un Nobile di Montepulciano sorpassa il Brunello di Montalcino che retrocede quindi al quarto posto tra le denominazioni regionali. In generale, un gran successo. Buon viatico per l'export. Sempre che Trump e le guerre commerciali non ci mettano lo zampino.

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