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INTERVISTA

La scienza al centro di tutto: l’Oiv secondo il suo neo presidente, il professore Luigi Moio

A WineNews, l’elezione e le prossime sfide che attendono l’Onu del vino, tra climate change, ecologia e commercio internazionale
LUIGI MOIO, OIV, SCIENZA, vino, Italia
Luigi Moio, neo presidente dell'Oiv

A quarant’anni di distanza dalla presidenza del professor Mario Fregoni, unico italiano ad aver presieduto l’Oiv oltre a Pier Giovanni Garoglio, l’Italia torna a guidare l’Organisation Internationale de la Vigne et du Vin, l’Onu del vino, con Luigi Moio, professore ordinario di enologia nel Dipartimento di Agraria dell’Università degli Studi di Napoli Federico II, produttore con la cantina Quintodecimo, in Irpinia, neo presidente dell’Oiv. A WineNews, il valore ed il peso di un ruolo apicale nella politica del vino mondiale, ma anche le prossime sfide che attendono il vino e lo stesso Luigi Moio (qui l’intervista), da un punto di vista politico, agricolo, vinicolo, normativo ed economico, con tante sfide sul tavolo e qualche nodo da sciogliere, a partire dalla querelle dello Champagne tra Russia e Francia, passando per quella decisamente più grande, per non dire impervia, che riguarda la lotta al climate change e ad una viticoltura sempre più sostenibile.
“L’Italia, al pari di Francia e Spagna, ha sempre partecipato attivamente ai lavori dell’Oiv, con una importante delegazione di esperti, dando un contributo molto importante. La presidenza significa essere all’apice, o meglio tornarci, a quarant’anni di distanza dal professore Fregoni. È importante trovare il consenso, l’equilibrio e l’armonia - ricorda Luigi Moio - perché l’obiettivo fondamentale dell’Oiv è mettere in armonia i diversi Paesi e farli convergere su regole comuni, aspetto particolarmente importante se si parla di commercio internazionale, basta vedere cosa sta succedendo in Russia con lo Champagne. Tornando alle elezioni, la mia era quasi una candidatura naturale, l’atto finale di un impegno all’interno dell’Oiv lungo 25 anni, di fronte avevo il candidato australiano, che aveva l’appoggio dei Paesi dell’Emisfero Sud, ma non dell’Uruguay. È stata dura, ma dopo il primo voto ho avuto l’appoggio di 28 Paesi, la maggioranza, diventata assoluta (due terzi più uno, in termini di voto ponderato in base alla produzione annuale, ndr) nella tornata successiva. È una cosa bella, in questi casi ti passano davanti gli anni sui libri, quelli di ricerca all’Università, e poi dà grande visibilità all’Italia, e questo è un piacere”.
Al centro della sua presidenza, il professore Luigi Moio metterà la scienza, faro di ogni iniziativa dell’Oiv, specie quando si parla delle sfide da affrontare, dai cambiamenti climatici alla necessità di una viticoltura sempre più sostenibile. “Chiaramente - riprende il professore di Enologia della Federico II - dovrò essere imparziale e neutrale, perché il compito della presidenza è quello di contribuire all’armonizzazione e alla ricerca del consenso. Per me l’Oiv è l’organizzazione di riferimento tecnico e scientifico, riconosciuta a livello mondiale, è e rimarrà un’organizzazione scientifica, aspetto che vorrei mettere ancora più in rilievo, sia nei Congressi, sia a livello di partecipazione dei vari Paesi. E anche perché le sfide da affrontare nel prossimo futuro sappiamo quali sono, sono complesse, a partire dai cambiamenti climatici, che dobbiamo risolvere a livello multidiscilplinare, mettendo insieme competenze diverse e molto avanzate. A livello viticolo dobbiamo continuare a fare vini di grande qualità, nei luoghi storici della viticoltura, che sono la locomotiva dell’enologia mondiale. E poi, questa crescita enorme di sensibilità rispetto ai problemi ecologici richiede una revisione di alcune strategie, in agricoltura, in viticoltura e in cantina. Parlo sempre di più di un’enologia leggera, quindi con minimi interventi, ma anche con un approccio diverso, di rispetto per l’ambiente, nella costruzione e nella gestione delle cantine”.
Altro tema caldo, è quello che riguarda l’apparato normativo che regolamenta le dinamiche del vino, particolarmente delicato quando si parla di commercio internazionale. “Poi, c’è il grande impegno sulle normative, e su tutto ciò che richiede il commercio internazionale, perché un altro obiettivo fondamentale - sottolinea il presidente dell’Oiv - è favorire al massimo gli scambi internazionali, ma nel rispetto delle tradizioni, delle culture e della storia di ciascun Paese. È alla base del paradigma della diversità, ed è giusto che il vino sia diverso ed identitario, e che, ad esempio, il vino italiano sia il riflesso dell’Italia, quello georgiano della Georgia, quello francese della Francia e così via per tutti i 48 Paesi dell’Oiv. Bisogna rispettare la Storia dei Paesi produttori, così come le loro tradizioni. Ultimo punto, il cambio di sede: da Parigi l’Oiv si sposterà a Digione, che ha avuto la meglio, con un bel progetto sostenuto dal Governo francese, su Reims e Bordeaux”.

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