La “spending review” al vaglio del Governo rischia di minare, tra le altre cose, la già non eccelsa, per usare un eufemismo, qualità dei pasti negli ospedali. Già, perché se il costo di una “giornata alimentare ospedaliera” (colazione, pranzo, merenda e cena), nel 2010, per esempio, era in media di 15 euro, per una spesa totale di più di 1 miliardo di euro, (dati Angem, Associazione nazionale delle aziende per la ristorazione collettiva), con risultati “gustativi” che tutti conosciamo, nelle indicazioni dell’Autorità di Vigilanza sui Contratti Pubblici rilasciate in questi giorni, si legge che “il costo per paziente non dovrebbe superare i 9,40 euro, e i 4,62 euro per dipendente”. Ora nessuno pretende che una mensa ospedaliera si trasformi in un ristorante di qualità, ma se è vero che “siamo quello che mangiamo”, non ci sembra un’idea lungimirante. Ed è vero che le esigenze di bilancio ci sono e vanno osservate. Ma che qualità possono avere 4 pasti dal costo complessivo di meno di 10 euro? Faranno bene alla salute?
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