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La Stampa

E Putin nazionalizza anche la più grande cantina della Russia ... Il Cremlino ha formalizzato l'acquisizione della Kuban Vino, che da sola produce il 67 per cento delle bottiglie del Paese. E' l'ennesimo caso di nazionalizzazione di imprese interne e straniere...“La Russia accoglie la più grande cantina del Paese a seguito dell’ondata di nazionalizzazioni”. È il titolo del Moscow Time, segnalato in Italia da WineNews, che cita una delle nuove mosse di Vladimir Putin e del Cremlino nei confronti delle aziende private del Paese, sempre più inglobate nelle proprietà statali. L’ultima in ordine di tempo, la Kuban Vino, fondata nel 1953 e oggi operante con moderne tecnologie, tutte provenienti dall’Europa che permettono - si legge sul sito - “di creare vini degni e di alta qualità apprezzati dai professionisti non solo in Russia ma anche all'estero”. Quattro i brand facenti parte del portfolio, tra cui il brand di alta gamma "Chateau Tamagne". Un’acquisizione che farà ancora molto parlare di sé. E non solo perché la Kuban Vino produce da sola il 67% della produzione nazionale, ma anche perché questa mossa ha - infatti - degli importanti risvolti economici e politici. La Kuban farebbe parte di un gruppo di quattro aziende, tutte già nazionalizzate, facenti capo alla stessa grande impresa agroalimentare, l’Agricola Ariant con sede a Chelyabinsk. Ariant era stata fondata negli anni ’90 dai soci Alexander Aristov e Yury Antipov, l’ultimo dei quali è stato arrestato a febbraio con l’accusa di operazioni commerciali atte a indebolire gli interessi nazionali attraverso il trasferimento, in modo fraudolento di beni, a paesi ostili alla politica russa. Il governo di Putin ha successivamente sequestrato gli stabilimenti siderurgici di Antipov con l’accusa, successiva all’arresto, di privatizzazione illegale in seguito al crollo dell’URSS. Sebbene i beni agricoli di Ariant non facessero parte delle privatizzazioni post-sovietiche, la testata RBC riferisce che il tribunale russo ha comunque deciso di sequestrarli come parte del caso di frode contro Antipov, il cui socio ha impugnato - inutilmente per ora - la decisione. Acquisizione a sfondo politico? Possibile. Ma a un occhio più attento le cose possono anche essere differenti. Non si può ignorare, implicazioni di politica interna a parte, che il protezionismo russo è una realtà che avanza velocemente. Combattere i “Paesi ostili” è materiale politico per il Cremlino e dare più respiro alle aziende interne già provate dagli embarghi, altrettanto. Basti pensare che nel 2023 i dazi sui vini provenienti da Nazioni non amiche sono stati alzati tanto da creare un dislivello di due euro tra bottiglia di vino russa e bottiglia di vino proveniente dall’occidente. E non solo. Gli esportatori europei si troveranno a breve ad affrontare una nuova sfida, quella posta in essere dalla legge in materia promulgata il primo maggio 2024, che ha ulteriormente aumentato le tasse sui vini. Le accise sui vini fermi sono passate da 34 a 108 rubli (da 0,35 a 1,09 euro) al litro, per gli spumanti invece il range è da 45 rubli a 141 rubli (da 0,46 € a 1,43 €). Secondo il testo di legge la tassa sarebbe applicabile anche ai vini russi, ma in realtà per i produttori locali è previsto un rimborso del 100%. Ma le preoccupazioni, al netto dei dazi già imposti dalla politica internazionale, potrebbero a breve riguardare anche i paesi Nato: l’Associazione dei viticoltori e dei produttori di vino della Russia hanno proposto un ulteriore aumento dei dazi del 200% sui vini provenienti da queste Nazioni. La guerra, insomma, si combatte anche sui mercati agroalimentari.

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