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LA STORIA DEL BRUNELLO ... E L’EVOLUZIONE STORICA DEL BRUNELLO E LE CIFRE DEL “DISTRETTO” DI MONTALCINO


LA STORIA DEL BRUNELLO ...

La spiccata vocazione del territorio di Montalcino di produrre vini di grande qualità è nota da secoli. Nel 1550 il frate bolognese Leandro Alberti, nella "Descrittione di tutta Italia", affermava che Montalcino "... molto nominato nel Paese per li buoni vini chi si cavano da quelli ameni colli ...". Nel 1553, durante l'assedio della città, il Maresciallo di Montluc, comandante della Guarnigione Senese, "si arrubinava il volto con un robusto vino vermiglio". Anche nel Seicento molte le cronache ed i libri di viaggio che parlano del vino di Montalcino: l'olandese Francesco Scoto nella sua famosa guida "Itinera Italiae", il manuale più usato dai viaggiatori di quel secolo, accenna a "... Montalcino, celebre per i suoi Moscadelli ..." e, sempre sul finire del secolo, la corrispondenza fra il Console Sir Lambert Blackwell ed il Nobile Right Honourable Blathwayt, segretario di stato della corte inglese, informa che il re Guglielmo III d'Inghilterra beveva i migliori vini di Montalcino. Nell'Ottocento il Repetti scrive, nel suo "Dizionario geografico fisico storico della Toscana", che l'esercizio "dell'arte agraria del montuoso e sassoso territorio di questa comunità è laborioso pel villico e dispendioso pel possidente, ma l'uno e l'altro restano in qualche modo compensati dalla salubrità dell'aria che costà in estate si respira in mezzo a una valle non da pertutto ugualmente salubre. Le laboriose fatiche del villico e le spese del proprietario fatte sul pietroso terreno di Montalcino sogliono essere retribuite, quando le stagioni non lo impediscono, dall'abbondanza e squisitezza dei frutti che il suolo produce ...". Le ricerche e gli studi scientifici sui vini e sulle uve e di esperimenti sui sistemi di vinificazione, iniziano, soprattutto, in maniera più scientifica, a metà Ottocento, ad opera di Clemente Santi, di Giuseppe Anghirelli, di Tito Costanti e di Camillo Galassi. Ma il Brunello, che tutto il mondo ormai apprezza, nascerà verso la fine del 1800, grazie alla passione, alla perizia e all'intuizione di un garibaldino Ferruccio Biondi Santi, reduce dalla vittoriosa battaglia di Bezzecca (1866). Tornato nella sua terra, e con lo stesso entusiasmo con cui partecipò alle campagne garibaldine, si dedicò all'agricoltura, nei suoi possedimenti della Tenuta Il Greppo di Montalcino, lavorando unicamente su di un solo vitigno, il Sangiovese. Allora il vino si faceva alla maniera tradizionale toscana con il cosiddetto "governo", pratica enologica secolare consistente nell'aggiungere al nuovo vino mosto di uve scelte per provocare una seconda fermentazione. Ferruccio Biondi Santi vinificò a solo il Sangiovese ed invecchiò quel vino per lunghi anni in botte. Nasceva così il Brunello (quasi sicuramente un nome di fantasia, dovuto al colore caratteristico): un vino forte e vellutato che non somigliava in niente ad altri rossi da invecchiamento più rinomati.


… L’EVOLUZIONE STORICA DEL BRUNELLO E LE CIFRE DEL “DISTRETTO” DI MONTALCINO

L'evoluzione storica del Brunello di Montalcino, in sintesi, si può essere suddividere in 4 fasi:

- la prima fase è quella che va dalla sua nascita (la più antica testimonianza in bottiglia è datata 1888, custodita nella cantina della Tenuta Il Greppo) ed arriva fino al 1935. Tutto questo arco di tempo vede l'opera di pochi ma determinati viticoltori impegnati nello studio e nel lavoro intorno al vino. L'estensione delle vigne raggiunge nel 1929 i 925 ettari in coltura specializzata ed i 1243 ettari in coltura promiscua. Sono anni in cui il Brunello comincia a farsi conoscere, raccogliendo consensi e premi in tutto il mondo. In questo periodo, però, si commercializzava il Brunello per lo più sfuso in damigiane (oltre a Biondi Santi, erano soltanto tre i produttori che imbottigliavano: Colombini, Franceschi, Angelini). Questa prima fase termina negli anni '30, periodo in cui la filossera (una grave malattia della vite), rade al suolo tutte le vigne. Già nel 1932, Montalcino ha un primato “legislativo”: si può chiamare, infatti, Brunello solo il vino prodotto ed imbottigliato nel comune di Montalcino (la zona di produzione fu delimitata già nel 1932 dalla Commissione del Ministero dell’Agricoltura), un territorio con un microclima ottimale e con una struttura fisico-chimica particolare.

- la seconda fase è quella degli anni più bui, segnati da una ripresa lenta e faticosa (dedicata alla ricostituzione dei vigneti), interrotta e ritardata dal secondo conflitto mondiale che, con il passaggio del fronte, contribuisce a ridurre l'estensione delle superfici coltivate. I viticoltori (10/15) negli anni '50 prendono coscienza delle grandi potenzialità del Brunello di Montalcino. Questa fase di valorizzazione del vino arriva fino al 1963, anno in cui viene approvata la legge quadro sui vini Doc (n. 930 del 12 luglio 1963). La Doc, riconosciuta al Brunello il 28 marzo 1966, serve, oltre che per attribuire a questo prodotto il meritato valore, anche a tutelarlo dalle spiacevoli conseguenze che interessano invece altri vini ed a imprimere la spinta necessaria anche alle aziende agricole più piccole a fare Brunello.

- la terza fase riguarda gli anni '60/'70. E' in questo arco di tempo che il Brunello si fa conoscere sempre di più raggiungendo i mercati di tutto il mondo. E' questo il periodo in cui si espande la produzione ed il numero di produttori che, al fine di seguire una politica comune, si riuniscono nel Consorzio del Brunello di Montalcino (data di nascita: 18 aprile 1967), con lo scopo di tutelare e salvaguardare la produzione e di estendere la conoscenza in Italia e nel mondo di questo vino. Al Consorzio, poi, con decreto ministeriale del 7 aprile 1979, sono state attribuite molteplici attività di vigilanza e di consulenza.

- la quarta fase è quella dei "giorni nostri", la fase cioè del crescente successo del Brunello (che il 1 luglio 1980 è stato il primo vino italiano ad avere la Denominazione d’Origine Controllata e Garantita) e l'arrivo nel territorio di Montalcino di capitali ed imprenditori anche da fuori della Toscana e d'Italia (come Castello Banfi-Mariani, Antinori, Frescobaldi-Mondavi, Gaja ...), che hanno comunque continuato ad infondere nella cura del vigneto, della raccolta dell'uva e della vinificazione, la tradizionale costanza, sapienza e grande qualità. Grazie al Brunello e ad altri vini, Montalcino è diventato uno dei “poli magnetici” per eccellenza dell’enoturismo nel mondo (si vende nel territorio di Montalcino il 19% del Brunello). Lo ha confermato, di recente, uno studio del professor Fabio Taiti, presidente dell’istituto di ricerca socio-economica Censis Servizi Spa: “il turismo del vino a Montalcino - dice il Censis - è stato il volano più efficiente, anche per la presenza di strategie di territorio e standard d’ottima qualità, per muovere flussi, grazie al mix dei suoi principali elementi: cultura, paesaggio, vino, tradizioni, cucina, arte, prodotti dell’artigianato agroalimentare. Oggi, il “distretto del Brunello” (che dà lavoro a 800 occupati a tempo pieno e 600 avventizi, con una disoccupazione fisiologica) vuol dire 230 miliardi di business del vino (oltre a 130 miliardi di indotto nel turismo e terziario, che muove 900.000 turisti), 204 viticoltori per 12 milioni di bottiglie (64% oltre confine soprattutto Usa, Svizzera, Germania, Canada), 2600 ettari a vigneto sui 24.000 del territorio comunale il Brunello. Secondo un'indagine sul mercato fondiario, effettuata dall'Istituto Nazionale d’Economia Agraria (Inea), il Brunello è al top della classifica dei valori fondiari: un ettaro di vigneto di Brunello di Montalcino è sui 270 milioni. Montalcino (che, come “marchio”, secondo uno studio dell’Università Bocconi di Milano, vale più di 500 miliardi) sarà, inoltre, entro 2/3 anni, il primo territorio d’Italia e d’Europa ad avere la certificazione di qualità ambientale Iso 14000 per il suo intero sistema produttivo. Il Brunello, in questi ultimi anni, è stato ritratto anche come “bene rifugio” o comunque come ottimo investimento, con paragoni ad azioni dal rendimento sicuro, sia per le vecchie Riserve della Tenuta Il Greppo (l’ultimo esempio, all’Asta Gambero Rosso-Pandolfini, in dicembre 2000: 29,5 milioni per una bottiglia di Brunello di Montalcino Riserva 1891; un evento che ha fatto il giro del mondo) sia per la formula, lanciata da Ezio Rivella (Castello Banfi), della vendita “en primeur” o “futures sul Brunello”, e quella dei “warrant” legati ai prestiti obbligazionari, messa a punto da Mediobanca, per Antinori e Frescobaldi.

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