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La svolta delle bollicine francesi: lo Chardonnay rosè entra nel disciplinare dello Champagne

Mutazione naturale dello Chardonnay bianco, questa antica varietà si unisce ai 7 vitigni principali già autorizzati. Conferirà complessità
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Lo Chardonnay rosè entra nel disciplinare dello Champagne

Per lo Champagne, vino-icona dell’enologia mondiale, circondato da secoli da un’aura di sacralità, ogni novità rappresenta una piccola rivoluzione: l’ultima è che lo Chardonnay rosé è stato ufficialmente riconosciuto nel disciplinare. Mutazione naturale dello Chardonnay bianco, questo antico vitigno si unisce ai 7 principali già autorizzati, portando a 8 il numero di vitigni della Champagne. Lo Chardonnay rosé è una mutazione naturale dello Chardonnay bianco, identificata nel 1900 in Champagne e Borgogna. Conservato da viticoltori appassionati, in precedenza si trovava solo in collezioni o in poche viti sparse. La sua inclusione nel Catalogo Francese nel 2018 ha permesso di attribuirgli un’identità botanica e di propagarlo: conferirà alle prestigiose bollicine francesi una nuova complessità aromatica.
Dal 31 luglio 2025, lo Chardonnay rosé è stato incluso nel disciplinare della denominazione Champagne come vitigno principale. Questa decisione segna un passo importante nella promozione del patrimonio genetico del vigneto della Champagne. A differenza di varietà create tramite ibridazione come il Voltis, lo Chardonnay rosato è un capriccio della natura. La sua integrazione illustra la capacità del vigneto di evolversi in modo intelligente di fronte alle sfide climatiche, ricollegandosi al contempo a una storia dimenticata.
La denominazione Champagne si basa storicamente su 3 vitigni principali: Pinot Nero, Meunier e Chardonnay bianco. Insieme, rappresentano quasi l’intera varietà di uva Champagne. I cosiddetti vitigni “minoritari” - ovvero Arbane, Petit Meslier, Pinot Bianco, Pinot Grigio e ora Chardonnay rosé - coprono solo lo 0,5% del vigneto. L’inclusione dello Chardonnay rosé nel disciplinare sottolinea l’impegno dello Champagne nei confronti della diversità genetica, del suo patrimonio vegetale e della sua capacità di adattamento ai cambiamenti climatici.
Già lo scorso anno il Comité Champagne aveva aperto all’innovazione, dando la possibilità di utilizzare, in via sperimentale, il vitigno Voltis, varietà Piwi naturalmente resistente a oidio e peronospora. L’obiettivo, allora come oggi, è favorire una viticoltura più sostenibile e resiliente ai cambiamenti climatici, senza snaturare l’identità della denominazione.

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