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La Verità

Affari con i vini rendimenti fino al 24% Battuti i rivali francesi … Andamento medio superiore a quello delle Borse. Si moltiplicano i fondi specializzati ed è corsa ai terreni e alle bottiglie di pregio... In tempi di tassi nulli o negativi alziamo il tasso alcolico dell'investimento. Il vino in questo momento sembra essere un bene rifugio tornato di moda. Lo è per chi ha ingenti capitali da investire, lo è anche per chi intende levarsi qualche soddisfazione. Anche perché, come diceva Gianni Agnelli, “investire in vino conviene: male che vada te lo bevi”. La frase fu pronunciata quando l'Avvocato andò alla conquista di Chateau Margaux, che è come dire il sancta sanctorum del vino di Bordeaux. Erano gli anni in cui l’Italia poteva permettersi di fare shopping oltre frontiera. Oggi le cose vanno in modo assai diverso. Sono gli stranieri a venire a comprare in Italia. Un male? Mah. Di certo è una soddisfazione vedere i francesi che cominciano a comprare vigne italiane. Nel mirino hanno messo la Toscana: Bolgheri e Montalcino in particolare. A Montalcino tre anni fa i Descours, sono i signori dello champagne proprietari della Piper Heidsieck, si sono comprati per una cifra mai precisata, si parla di 300 milioni, la Biondi Santi che è la “casa” che ha creato il Brunello. Non contento pare che monsieur Charles Descours stia cercando di fare un altro colpo. Intanto c’è la possibilità che la Cantina sociale di Montalcino (non ha vigna, ma produce 300.000 bottiglie di Brunello) sia in procinto di passare di mano per una ventina di milioni di euro. Una cosa è sicura: Montalcino è in cima agli appetiti immobiliari dei grandi del vino anche perché stanno per andare in commercio tre annate straordinarie e comprare oggi le cantine con il vino in affinamento vuol dire portarsi a casa del valore aggiunto considerevole. “Non c’è dubbio”, spiega Alessandro Regoli, direttore del sito Winenews, “che Montalcino oggi sia molto attrattivo per gli investimenti. Ci sono trattative in corso e anche i grandi marchi del lusso mondiale (e si pensa subito a Bernard Arnault e Francois Pinault che hanno nei loro portafogli prestigiosissime cantine, ndr) si sono affacciati su questo territorio. Ma più in generale sembra che stiano riprendendo gli investimenti soprattutto in tre territori: Barolo, Bolgheri e Montalcino”. Winenews ha stilato una classifica dei territori da vino dove il valore è massimo, con incrementi che negli ultimi anni sono stati superiori all’8% all’anno. Ancora Regoli sottolinea: “Nel Barolo si parla di oltre 1,2 milioni di euro a ettaro, cifra che triplica nei cru più prestigiosi; a Bolgheri, in pochi anni, si è arrivati ai 500.000; a Montalcino un ettaro a Brunello quota sui 900.000 euro a valori di mercato diversi dalle stime del Crea, per esempio, che calcola una forbice tra i 250.000 e i 700.000 euro ad ettaro”. Ma se volessimo guardare alle medie nazionali potremmo dire che in Italia un terreno agricolo vale sui 20.000 euro a ettaro, uno a vigna oscilla tra i 30 e i 50.000. E questo sembra l’anno buono della fiammata dei prezzi proprio per l’arrivo d’investitori stranieri. Molto attivi il fondo americano Krause che sta investendo nella zona del Barolo e il fondo belga-olandese Atlas Invest che ha scelto la Toscana. A dire che il mercato è in effervescenza è la creazione di un fondo internazionale che investe solo in vigneti; è Wineyard & Terroir fund che ha già raccolto 50 milioni di euro per investire solo in tre zone del mondo: Borgogna, Bordeaux e Italia. Anche in casa nostra cominciano a esserci operatori che guardano a queste forme di investimento. Sergio Dagnino - per 16 anni a capo di Caviro - ha lanciato Made in Italy fund, il fondo di private equity di Quadrivio & Pambianco, che investe nel settore vitivinicolo attraverso Prosit spa. Ma c’è un’alternativa meno onerosa e di ampia soddisfazione: investire in bottiglie. L’Indice Live ex che misura le performance dei migliori vini del mondo ha stabilito che le bottiglie italiane negli ultimi due anni hanno reso di più di quelle francesi e che il vino supera gli andamenti medi di Borsa. Il vino italiano comincia a essere percepito ormai come un bene rifugio. Proprio il Liv ex, che ha assicurato rendimenti dell’8% annui fino al 2018, nei primi nove mesi del 2019 ha accusato flessioni importanti dei vini francesi con lo champagne che è rimasto piatto e i vini di Borgogna che hanno fatto -5%, mentre i vini italiani hanno messo a segno un +3% che in tempo di rendimenti zero non è affatto male. Questo anche perché i pesi del paniere del Liv ex sono un po’ cambiati. Bordeaux “vale” meno, sale la Borgogna, ma cresce soprattutto l’Italia che piazza dieci cantine tra le cento blue chips del vino mondiale. Anche in forza delle performance di alcune etichette con Masseto (Bolgheri, cantina Ornellaia: è un Merlot), ottavo per prezzo medio per cassa, Sassicaia (Bolgheri, Cabernet Sauvignon e Frane, Tenuta San Guido), il vino più scambiato, e il Barolo di Giacomo Conterno, +24,4% su base annua. Ora il dubbio è: tenerselo o berlo?

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