La grande responsabilità dell'agricoltura italiana che ha fatto scelte di avanguardia in termini di divieto di coltivazioni biotech ed ha raggiunto primati qualitativi, sanitari e di rispetto ambientale a livello comunitario, è la risposta alla crescente voglia di viver bene degli italiani e rappresenta il presupposto per sostenere le scintille di vitalità economica presenti nel comparto alimentare: lo afferma la Coldiretti nel commentare il Rapporto annuale 2005 sulla situazione sociale del Paese del Censis dal quale emerge che “Il viver bene apparirà come nota stonata nel contesto di generale difficoltà economica registrata da molte famiglie, ma è l’aspirazione di un numero crescente di persone, pur se temperata dalla sobrietà e dalla spinta al risparmio”.
Secondo il Censis - riferisce la Coldiretti - “si fanno largo stili di vita improntati alla ricerca di prodotti naturali, di prodotti sani e di generi alimentari che sono espressione di una specifica realtà territoriale e della sua cultura” ed “in particolare il 43% delle famiglie acquista più o meno regolarmente frutta da agricoltura biologica, il 42% compra prodotti enogastronomici tipici e di qualità, il 31% ricorre a prodotti alimentari naturali”.
Una tendenza alla quale l’agricoltura italiana - sottolinea la Coldiretti - risponde con 4100 prodotti tradizionali censiti dalle regioni e il primato europeo di 153 denominazioni di origine riconosciute dall’Unione Europea mentre nella coltivazione di prodotti biologici il tricolore, con un milione di ettari coltivati e quasi quarantamila imprese, è sul podio mondiale davanti a Stati Uniti e Brasile ed è preceduta soltanto da Australia e Argentina, tutti Paesi che hanno la disponibilità di terreni coltivati enormemente più grande di quella nazionale.
Per difendere questo patrimonio, serve però l’obbligo di indicare in etichetta l’origine dei prodotti agricoli contenuti negli alimenti per impedire che a causa delle maglie larghe della normativa si radichi definitivamente sui mercati un falso made in Italy che - conclude la Coldiretti - sfrutta l'immagine positiva di un territorio e di uno stile ineguagliabili a vantaggio di alimenti che nulla hanno a che fare con il tessuto produttivo agricolo italiano come l'olio spremuto da olive tunisine e il concentrato di pomodoro della Cina venduto come nazionale.
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