L’export agroalimentare italiano ha registrato un’ottima evoluzione anche nel 2024: +8,3% a prezzi correnti sul 2023, per un controvalore di 67,5 miliardi di euro, con gli Stati Uniti che si sono confermati un mercato rilevante. Il loro peso sul totale delle esportazioni tricolore dell’alimentare e bevande è stato, infatti, del 13,4%, superiore alla media del manifatturiero, e per alcuni comparti il peso sale ben oltre il 20%, con punte del 28% circa per le bevande dissetanti e acque minerali e del 25% circa per l’olio e per il vino. E, come è stato spiegato, nei giorni scorsi, nel “Global Summit - La Sostenibilità: fattore di crescita delle aziende nel settore agroalimentare”, edizione n. 3, organizzato a Milano da Gambero Rosso e Gambero Rosso Academy in partnership con Intesa Sanpaolo, per sensibilizzare professionisti ed operatori di settore sull’importanza della conversione green nel comparto agrifood, se l’impatto dei dazi può essere rilevante, il posizionamento qualitativo dei prodotti alimentari italiani può aiutare.
Molti cibi e bevande made in Italy venduti negli Usa, infatti (è stato uno dei temi discussi nei vari panel, ndr), sono potenzialmente meno sensibili a variazioni di prezzo in quanto si tratta di prodotti di “nicchia” molto apprezzati da una clientela alto-spendente e che potrebbe beneficiare dei tagli fiscali promessi da Trump. La quota di mercato italiana sulle importazioni Usa, inoltre, è maggiore nella fascia alta di qualità rispetto alla quota totale, e per molte filiere il peso dell’alta gamma sull’export alimentare verso gli Usa supera l’80% come per pasta e dolci, lattiero-caseario, carni e salumi, riso, olio e pesce.
Secondo una ricerca interna condotta da Intesa Sanpaolo nelle filiali specializzate nell’Agribusiness, tra le reazioni che le imprese stanno valutando per rispondere all’inasprimento dei dazi, più della metà dei rispondenti intende cercare nuovi clienti in nuovi mercati. Ma si rivela anche un certo attendismo nel posticipare gli investimenti, con un 30% che punta il focus anche sull’eventualità di rivedere i listini per il mercato statunitense.
Riscontrata, inoltre, da quasi un quarto dei rispondenti, l’accelerazione delle consegne e delle vendite negli Stati Uniti per anticipare l’entrata in vigore dei dazi. Nel primo trimestre 2025, le esportazioni agroalimentari verso gli States sono cresciute del 10,9% tendenziale in valore, meglio di quanto realizzato dalla Francia (+8%) e dalla Spagna (+4%): fa meglio di noi solo la Germania (+14,3%) ma su livelli molto più contenuti (558 milioni di euro l’export agroalimentare tedesco verso gli Usa, contro gli oltre 2 miliardi dell’Italia).
E sempre secondo l’indagine di Intesa Sanpaolo discussa al convegno, se da un lato - complice anche un’evoluzione meno restrittiva della politica monetaria - si stanno attenuando i freni agli investimenti, i costi per le materie prime e l’energia - oltre ai cambiamenti climatici - restano in cima alle preoccupazioni dei clienti.
Le previsioni della Commissione Europea prevedono una crescita moderata per l’Eurozona nel 2025 (+0,8%) e legata alla ripresa dei consumi, con rischi per il manifatturiero e le politiche commerciali, in caso di non accordo sui dazi o di guerra commerciale protratta. Sul fronte italiano le stime previste sono di un +0,7% nel 2025 e di un +0,9% nel 2026: proseguirà l’incremento del tasso di risparmio, ma il recupero del potere d’acquisto è in atto. La domanda interna per le imprese agroalimentari è attesa crescere a ritmi stabili (+0,6% a prezzi costanti) nel biennio 2025-2026, sostenuta dal recupero delle spese finali delle famiglie italiane. Cruciale sarà anche il contributo della domanda proveniente dal canale Horeca grazie alle attese di buon andamento dei flussi turistici: in particolare il Giubileo del 2025 e le Olimpiadi invernali di Milano-Cortina del 2026.
Con il tema sempre più centrale della sostenibilità: “negli ultimi cinque anni le aziende con certificazioni sostenibili hanno registrato una migliore marginalità, un fatturato più alto e una maggiore propensione all’export rispetto alle altre non certificate - ha affermato Massimiliano Cattozzi, responsabile Agribusiness Intesa Sanpaolo - hanno inoltre una maggiore capacità nell’attrarre i migliori talenti, perché i giovani sono più propensi a lavorare in contesti sostenibili. Infine, possono contare su una maggiore attenzione da parte dei consumatori, sempre più disposti a pagare di più per un prodotto certificato”.
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