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ECONOMIA

L’annus horribilis del turismo in Italia: assenza di stranieri ha generato un buco da 25 miliardi

Coldiretti sottolinea un calo del 59% della spesa, pari a quasi 17 miliardi di euro. Il cibo è la voce principale del budget delle famiglie in vacanza
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Con gli impianti chiusi addio al turismo invernale e ai fatturati delle settimane bianche

Vacanze al palo, settimane bianche ai minimi storici, ferie limitate. Un “annus horribilis” per il comparto del turismo che continua a non vedere la luce in fondo al tunnel. E che continua a fare i conti, drammatici, di una situazione inimmagginabile soltanto un anno fa ma che è riuscita a mettere in ginocchio un settore. L’emergenza Covid è costata complessivamente 25 miliardi di mancati introiti al turismo solo per il calo evidente di viaggiatori stranieri nel 2020. Lo certifica l’analisi della Coldiretti, su dati di Bankitalia, che ha fotografato l’andamento del turismo internazionale nei primi 11 mesi 2020 che incide pesantemente sul calo del Pil.
Un’evidenza sottolineata, ricorda Coldiretti, anche dalla Commissione Ue che ritiene peraltro che “il turismo si riprenderà più lentamente, dato che i turisti, specie quelli di altri continenti, si prevede che ritornino solo gradualmente, con il diminuire dell'incertezza”.
A pesare sono i mancati arrivi dei visitatori stranieri con un calo del 59 % della spesa che è risultata pari a quasi 17 miliardi di euro per un totale di 37,6 milioni di turisti nel periodo considerato. Un vuoto pesante che grava sul sistema turistico nazionale per le mancate spese nell’alloggio, nell’alimentazione, nei trasporti ma anche per i divertimenti, lo shopping e i souvenir. Un effetto valanga a cascata che ha pesato su numerose aziende. Ristoranti e pizzerie accusano il colpo in maniera netta, visto che il cibo è la voce principale del budget delle famiglie in vacanza in Italia con circa un terzo della spesa di italiani e stranieri destinato alla tavola per consumare pasti nei locali o nei chioschi dello street food.
Se il fenomeno è capillare, ci sono posti dove le conseguenze si sono sentite maggiormente: è il caso delle città d’arte che sono le storiche mete del turismo dall’estero con trattorie, ristoranti e bar praticamente vuoti ma anche con gli agriturismi in crisi, strutture dove gli stranieri, in alcune regioni, rappresentavano tradizionalmente oltre il 50% degli ospiti nelle campagne. In una stagione dove la neve in Italia è tornata in maniera abbondante, lo stop al turismo invernale è suonata come una beffa sull’intero indotto delle vacanze in montagna e quindi non solo piste da sci ma anche le attività dei rifugi fino alle malghe con la loro produzione dei pregiati formaggi.
“Proprio dal lavoro della stagione invernale - ha concluso Coldiretti - dipende buona parte della sopravvivenza delle strutture agricole che con le attività di allevamento e coltivazione svolgono un ruolo fondamentale per il presidio del territorio contro il dissesto idrogeologico, l’abbandono e lo spopolamento. Una debole speranza viene dal via libera allo sci al 15 febbraio proposto dal Comitato Tecnico Scientifico per la riapertura degli impianti sciistici attesa da 3,5 milioni di italiani che ritengono prioritario far ripartire la stagione sulla neve, anche solo per le poche settimane rimanenti prima dell’arrivo della primavera”.

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