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LATTE: IL PREZZO NELLE STALLE CONTINUA A SALIRE, E TOCCA I 51,55 CENTESIMI AL LITRO (+25% SUL 2012), MA È ALLARME SPECULAZIONE. SECONDO COLDIRETTI, LE INDUSTRIE CHE SOTTOPAGANO IL LATTE SI GARANTISCONO INTROITI PER 100 MILIONI DI EURO

Non Solo Vino
Latte italiano

Il prezzo del latte italiano alla stalla sale ancora e raggiunge un nuovo record, toccando i 51,55 centesimi al litro, in aumento del 25 % sul 2012, nell’ultima quotazione della borsa di Verona, che insieme a quella di Lodi, è il punto di riferimento nazionale. Lo dice Coldiretti, sottolineando che a crescere su valori massimi sono stati anche i prezzi del latte pastorizzato importato, con quello in arrivo dalla Germania che ha toccato il record di 52,58 centesimi al litro.

Le quotazioni continuano dunque a crescere e arriva a circa 100 milioni di euro il valore della speculazione che le industrie possono realizzare sottopagando il latte agli allevatori ad appena 42 centesimi al litro, secondo l’ultimo accordo siglato con alcune organizzazioni di settore per il semestre agosto 2013 - gennaio 2014 in Lombardia, dove si produce il 40% del latte italiano. Un accordo che la Coldiretti ha rifiutato di firmare, e che sta costando caro agli allevatori costretti ad affrontare un aumento stellare dei costi energetici e dell’alimentazione del bestiame che ha fatto chiudere le stalle.

Con questi prezzi, spiega la Coldiretti, alle industrie conviene comprare il latte italiano sulla base dell’accordo a 42 centesimi al litro, visto che costa meno. Poi c’è anche chi lo rivende, lucrando sulla differenza di quasi 10 centesimi al litro con le quotazioni dello spot. Un fiume di soldi nelle tasche di pochi, mentre gli allevamenti resistono a fatica e diversi chiudono. Dall’inizio della crisi, nel 2007, ad oggi in Italia hanno cessato l’attività oltre 6.000 allevamenti con la produzione di latte che nei circa 38.000 allevamenti rimasti nei primi sei mesi del 2013 si è ridotta in media di oltre il 3% rispetto allo scorso anno, secondo le elaborazioni Coldiretti su dati Agea, ma è possibile che il deficit possa ulteriormente aggravarsi. Il taglio della produzione è stato del 2,45%, in Lombardia, 2,15% in Emilia Romagna, del 2,73% in Piemonte, del 5,86% in Friuli, del 4,70 in Veneto, del 7,86% nel Lazio, del 5,40% in Puglia, del 4,89% in Campania e del -4,76% in Sardegna, con il record negativo fatto segnare nelle Marche (-10,32%).

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